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Enti pubblici e divieto di attività di comunicazione sotto elezioni, una Legge dimenticata

12 Febbraio 2024 da Redazione

Ad ogni elezione, stesso refrain. La Legge sul divieto di attività di comunicazione da parte degli enti interessati dal voto, a partire dal giorno della convocazione dei comizi elettorali, che per le prossime elezioni regionali in Abruzzo sono stati indetti lo scorso 25 gennaio in vista del voto del 10 marzo, rischia di essere disattesa. Per essere espliciti: è possibile quella che si può definire comunicazione di servizio indispensabile per i cittadini, ma non è possibile, in alcun modo, fare comunicati stampa, conferenze stampa e ogni genere di attività che propagandi a scopo elettorale l’attività dell’ente pubblico.

“Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche – quindi Regione, Province e Comuni, ma in questo caso si parla della Regione che è interessata al voto – di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni”. Articolo 9, Legge 22 febbraio 2000, n.28 https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2000-02-22;28~art9!vig=

Il Ministero dell’Interno, con la circolare n.20 del 17 febbraio 2005, proprio in vista di una tornata elettorale regionale e amministrativa, in particolare precisava che l’espressione “pubbliche amministrazioni deve essere intesa in senso istituzionale e non con riferimento ai singoli soggetti titolari di cariche pubbliche, i quali, se candidati alle prossime elezioni amministrative, possono compiere attività di propaganda elettorale al di fuori dell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, sempre che, a tal fine, non vengano utilizzati mezzi, risorse, personale e strutture assegnati alle pubbliche amministrazioni per lo svolgimento delle loro competenze.”

E il Ministero chiosa: “L’ampiezza dei concetti espressi dal legislatore nel predetto art. 9 sembra nascere dall’opportunità di fare affidamento soprattutto sui doveri di equilibrio e di correttezza degli amministratori, non solo nella scelta delle comunicazioni da consentire in periodo elettorale , ma anche nelle forme e nei modi in cui tali comunicazioni devono essere effettuate. In tal senso vanno letti  i riferimenti a forme impersonali ed alla indispensabilità dell’attività di comunicazione per l’assolvimento delle funzioni proprie”.

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo vigilerà attentamente, ne siamo certi.

Ma anche i prefetti delle quattro province sono ovviamente tenuti a garantirne il rispetto. Sarebbe opportuno che i rappresentanti del Governo sul territorio definissero una linea sufficientemente chiara e apprezzabile tra l’attività di propaganda e attività di informazione svolta dalle amministrazioni nel periodo di campagna elettorale. Questo compito, come rileva giustamente la Corte di cassazione, si presenta “agevole in astratto”, ma pieno  di difficoltà per quanto riguarda i casi limite che la realtà elettorale spesso offre.  Questo non esime i prefetti dal compiere uno sforzo notevole per garantire pari dignità nella competizione elettorale a chi ha governato per cinque anni e chiede di essere confermato e a chi si propone di sostituirsi nel servire i cittadini. Entrambi desiderano “servire” e non “servirsene” e la propaganda rischierebbe di sbilanciarsi verso il secondo profilo.

Ernesto Grippo

Archiviato in:Nuova Pescara Contrassegnato con: Corte di cassazione, elezioni, Enti pubblici, Legge 9 22 febbraio 2000

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