di Antonio D’Intino*
La bozza di legge di Bilancio al 25 ottobre prende di mira il bene CASA per fare cassa, facendo rimpiangere alle famiglie anni di sacrifici e di investimenti. Il messaggio è pessimo perché disincentiva l’economia reale e rende attraente l’assistenzialismo. Le leggi di Bilancio degli ultimi due anni si erano caratterizzate positivamente, tanto che dopo la crisi pandemica, l’Italia era tornata a essere tra i principali Paesi Ue in termini di sviluppo, con un risultato al quale aveva contribuito in modo determinante il settore delle costruzioni che aveva pesato oltre un terzo sulla crescita del PIL con il +6,5%.
L’impatto positivo del superbonus significa che il costo è inferiore all’incremento del PIL. (Gli effetti macroeconomici e di finanza pubblica del superbonus 110 % Fondazione Nazionale dei commercialisti-giugno 2023) Nella attuale bozza di Legge di Bilancio, i lavori di riqualificazione immobiliare sono trattati alla stregua di un danno da circoscrivere, con spauracchio delle presunte truffe, mentre le maggiori entrate sono state evidentemente destinate ad altre misure.
Abbiamo preso atto del mutato orientamento, ma non possiamo accettare che gli effetti ricadano sul pregresso, perché in un paese civile la legge dispone per l’avvenire. Ed invece, non c’è più spazio per proroghe riferite ai cantieri in corso a valere sul Superbonus e tantomeno si prospettano soluzioni per il disincaglio dei crediti, nonostante gli incessanti appelli rivolti al Governo da cittadini ed imprese. Si tratta di lavori avviati nel rispetto della legge che hanno scontato ritardi e sospensioni perché in corso d’opera sono state cambiate le regole di riferimento, con stravolgimento del quadro normativo tale da incrinare il rapporto di fiducia tra lo Stato ed i cittadini, oltre che quello tra Stato ed imprese. Alcune aziende più strutturate, nonostante le difficoltà, hanno cercato di portare avanti i lavori, anticipando le ingenti spese, in attesa di una annunciata risoluzione che non si è mai verificata. Quelle che pagano il prezzo più alto, perché non sono in condizione di compensare le variazioni in alcun modo, sono le piccole imprese, che rappresentano l’80% del tessuto produttivo italiano e sono sempre più esposte ai rischi di svendita dei crediti, oltre ritrovarsi in paradossali contenziosi con la committenza. Il famoso made in italy: tanto decantato ma preso di mira per fare cassa.
Lo Stato non solo ha chiuso gli occhi e le orecchie rispetto alla disperazione di cittadini ed imprese, senza mostrare alcuna capacità di governare il fenomeno, dopo aver innescato una vera è propria bomba sociale, ma continua a colpire il settore:
– le ritenute sui bonifici per bonus salgono dal 8 all’11%;
– i costi dei lavori per l’efficientamento energetico, il miglioramento sismico o la riqualificazione degli immobili ristrutturati -agevolati col Superbonus- entreranno nella plusvalenza tassata al 26% in caso di vendita nei successivi 5 anni.
Siamo ormai giunti alla scadenza del 2023, a partire dal 2024 inizierà il decalage per i condomini, con l’unica possibilità di utilizzare il credito in detrazione, con il divieto di sconto in fattura e cessione del credito. Questo scenario, che, evidentemente, sembra rassicurante agli occhi del Governo, segnerà l’inizio della fine. Ci sarà il crollo tombale dei lavori di riqualificazione sismica ed energetica degli edifici, con la mancata chiusura dei lavori in corso oltre che per azzeramento di nuove iniziative.
Alla faccia degli obiettivi europei di case green, oltre che alla faccia dei cittadini e delle aziende che restano con il cerino in mano, ma con pregiudizi che ricadranno a cascata sull’intero sistema economico e sociale.
Per non parlare degli effetti sulla ricostruzione post sisma, nel Cratere 2009 e nel Cratere Centro Italia, con lavori arenati a causa della mancata possibilità di monetizzare i crediti fiscali da superbonus, in combinazione o, addirittura, in sostituzione del contributo sisma. Per una sana e robusta ricostruzione abbiamo bisogno di regole certe e strutturali. Ci sono almeno due criticità macroscopiche che non incentivano l’apertura dei cantieri in area sisma:
1) La durata del superbonus, che seppur prorogata al 2025 risulta già inadeguata rispetto alle previsioni di chiusura dei cantieri, per la farraginosità nella liquidazione dei crediti oltre che per i ritardi accumulati. Quali imprese saranno disponibili ad accollarsi la realizzazione di tali lavori? Quelle serie non credo.
2) Nelle aree interne, i piccoli lavori non sono remunerativi, sia per i costi di trasferta che per la gestione di cantiere. Occorre un supporto specifico ed una organizzazione che tenga conto della particolarità dei luoghi e delle lavorazioni, per non abbandonare i territori e sprecare risorse.
Anche il mercato immobiliare dopo un picco di compravendite, da alcuni mesi, mostra segni di frenata: l’inflazione, i tassi di interesse e la politica monetaria ostacolano la domanda, in particolare la parte di mercato residenziale che necessita dei mutui bancari. Queste vincoli si calano, inoltre, in un contesto che reclama da decenni una legge organica in materia di rigenerazione urbana.
A queste condizioni, la casa è un bene nella misura in cui produce gettito per lo Stato o mancato sostegno, non lo è (più) come investimento nazionale di funzione sociale, oltre che economico, in un paese con il 70% delle famiglie italiane proprietarie della casa in cui vive. Questo orientamento è controproducente ai fini della valorizzazione degli immobili e lo ritroviamo a pieno anche nella politica sugli affitti.
Il Governo invece di intervenire per regolamentare un mercato che non garantisce più il proprietario lo espone alla mercé di affittuari disonesti, con la conseguenza di rendere preferibile una mancata locazione al rischio di vedersi sottratto sine die un immobile, con la beffa di dover continuare a pagare le tasse senza percepire il canone, aumenta la cedolare secca sugli affitti brevi, dal 21 al 26%.
Questa misura, lungi dall’incentivare il mercato delle locazioni stabili, che rimangono in una giungla governata dal più prepotente, stimolerà il sommerso, farà aumentare le case sfitte e abbandonate all’incuria, con diminuzione dell’offerta abitativa, ed influirà pesantemente sull’economia dei borghi delle aree interne che saranno ancora meno attrattivi per carenza di
residenzialità.
Il mercato privato soffre e quello pubblico rincorre la chimera del PNRR, concentrando le massime aspettative su un settore al quale si chiede di correre, facendo finta di non vedere che si gareggia con una gamba sola. Metà del PNRR pesa sul settore edile, siamo soci del programma a pieno titolo ma non saremo i capri espiatori di un fallimento annunciato per la mancanza di imprese, per il rialzo dei costi dei materiali e dell’energia, oltre che per la tempistica che viene ulteriormente compressa a carico dei cantieri, per tentare di recuperare i tempi della burocrazia.
In tal modo, il potenziale del settore delle costruzioni è completamente mortificato, a scapito dell’intero sistema economico e sociale perché il comparto contribuisce al 46% agli investimenti fissi del paese, 8,2% al PIL, che arriva al 22% comprendendo anche le attività immobiliari e la filiera, 22,5% all’occupazione industriale. Con effetti moltiplicativi sulla crescita della ricchezza nazionale: una domanda aggiuntiva di 1 mld di euro nelle costruzioni genera una ricaduta complessiva sul sistema economico di 3,5 miliardi di euro ed un aumento di più di 17.000 occupati nelle costruzioni e nei settori collegati .
Basterebbero questi numeri per mettersi seriamente in discussione ed aprire un confronto serio, nel rispetto dei ruoli, per governare e non regnare.
*Presidente Ance Abruzzo