LA MORTIFICANTE REALTA’ NEI DATI CERTIFICATI ADS
Partiamo da un assunto, con la speranza che sia un buon auspicio: nessun nuovo media ha ucciso un vecchio media. La radio è sopravvissuta alla tv pubblica, a sua volta sopravvissuta alle tv private e i giornali di carta… Ecco, qui bisogna fare un grande sforzo di fantasia per dare una dimensione nuova, e quindi, un appiglio di sopravvivenza ai quotidiani cartacei, la cui crisi è terribile e, per ora, senza via di soluzione. E’ facile smarrirsi sui perché di una situazione che non è solo italiana o abruzzese, ma che in Italia e in Abruzzo è più grave. Hanno sbagliato gli editori, hanno sbagliato i giornalisti? Di certo, nessuna delle due categorie ha saputo leggere i tempi.
I quotidiani di carta hanno rivali imbattibili: i quotidiani digitali, che li bruciano sul tempo; i social, ripetitori a oltranza delle notizie; le rassegne stampa televisive e aziendali, autentico invito a non andare in edicola. A questo aggiungiamo un generale peggioramento del prestigio delle testate, a cui concorrono molti fattori: le redazioni svuotate da discutibili piani di prepensionamento, gli editori intenti più a tagliare che a investire, l’eccessiva politicizzazione, spesso la palese aderenza a questo o a quel potentato, l’idiosincrasia alle inchieste giornalistiche vere e alla notizia scomoda, qualche direttore non propriamente all’altezza della situazione e le nuove generazioni che, ancor più delle vecchie, non amano la lettura. La crisi si riflette anche sulle edicole, che chiudono una dopo l’altra o si riconvertono alla vendita di souvenir e gadget di ogni genere. Leggere https://lanuovapescara.com/economia/la-crisi-dei-giornali-cancella-le-edicole-2-700-chiusure-negli-ultimi-quattro-anni-in-abruzzo-ne-rimangono-337/
L’Abruzzo non è mai stata una terra felice per i quotidiani, tanto che è stato necessario attendere la fine degli anni ’80 e investitori di fuori per vedere sorgere Il Centro. Uscito dalla scena regionale Il Tempo, che una decina di anni fa ha chiuso le redazioni sul nostro territorio dalla sera alla mattina, rimangono a contendersi i pochi acquirenti di giornali Il Messaggero, storico quotidiano romano, e, appunto, Il Centro. Le vendite sono bassissime per entrambe.
Gli ultimi dati certificati Ads, relativi all’annata 2022, vedono il quotidiano romano diffondere per provincia 793 copie-giorno a Chieti, 1.227 all’Aquila, 1.706 a Pescara e 868 a Teramo. Una precisazione: la diffusione aggrega più voci, dalle vendite multiple alle copie omaggio. Di conseguenza, la vendita reale è più bassa. E, poi, c’è il fenomeno del panino. O meglio, due giornali al prezzo di uno. Pessima idea. Altra precisazione: i dati parziali del 2023 non registrano un’inversione di tendenza, Anzi…
Passiamo al Centro: 2.071 copie-giorno diffuse in provincia di Chieti, 1.979 in quella dell’Aquila, 2.520 a Pescara e 1.698 a Teramo. Nel 2009, Il Centro festeggiò il record di vendite: oltre 58.000 copie. Ora è quasi impossibile da crederci. Neanche a dire che il lettore non abbia preso un quotidiano locale per via di aspettative più alte. Il Corriere della Sera ha diffuso al giorno, nel corso del 2022, 345 copie a Chieti, 378 all’Aquila, 450 a Pescara e 267 a Teramo. Una miseria.
Se i quotidiani piangono, i settimanali non ridono. L’Espresso, sempre nel corso del 2022, ha diffuso a numero 516 copie a Chieti, 592 all’Aquila, 555 a Pescara e 415 a Teramo. I mensili? Capital, sempre sulla stessa base, si è fermato a 14 copie-numero a Chieti, 10 all’Aquila, 12 a Pescara e 3 a Teramo.
Tutti i dati sono pubblici e disponibili sul sito Ads https://www.adsnotizie.it/Dati/DMS_Page#
Un quadro desolante con effetti drammatici sull’occupazione non solo dei giornalisti. I poligrafici sono estinti o quasi, le tipografie sono appaltate a terzi e le agenzie di raccolta pubblicitaria non nuotano nell’oro.
Il fenomeno delle testate digitali, a cui appartiene anche lanuovapescara.com, ha portato valore e disvalore al giornalismo. Il valore è indiscutibilmente il pluralismo, il disvalore è il basso livello di remunerazione dei giornalisti e, di certo in misura non inferiore a quella dei quotidiani tradizionali, l’aderenza a questo o quel gruppo politico o economico.
C’è una via d’uscita? Magari avessimo la risposta. La tragica realtà è che l’Istituto di previdenza dei giornalisti, l’Inpgi, è stato assorbito dall’Inps perché non aveva più le gambe per camminare e gli altri istituti messi su dalla categoria, Ex Fissa, Casagit e Fondo Pensione, non sono e non saranno immuni dagli effetti negativi della tempesta che investe da diversi anni il mondo della comunicazione. Quanta vita avrà ancora il Contratto nazionale dei giornalisti? Poca. Anche perché è già applicato da una minoranza. Le testate digitali non sanno neppure cosa sia e le tv private ne hanno uno proprio, depotenziato. E su questa parola dobbiamo soffermarci a riflettere perché il depotenziamento ha massacrato i giornalisti e fatto perdere milioni di euro agli editori. Continuiamo così? (emmeci)