La casa si conferma bersaglio principale dell’Erario. Con il governo Meloni, infatti, non c’è stato un alleggerimento della pressione fiscale sugli immobili, come auspicato soprattutto dagli elettori di centrodestra. Anzi, possiamo parlare di un inasprimento. Lo ha detto, con parole chiare e inequivocabili, durante l’udizione al Senato, la presidente dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) Federica Brancaccio, riferendosi alla recente manovra finanziaria: “l’aumento della tassazione sugli immobili appare ingiustificatamente punitivo. Dalla relazione tecnica al ddl, emerge infatti un consistente aumento del prelievo fiscale sulla casa per circa 1,9 miliardi di euro nel triennio“.
Brancaccio ha auspicato che le maggiori entrate “siano quantomeno destinate alla riduzione della pressione fiscale sulla casa e servano a finanziare incentivi utili alla rigenerazione urbana delle nostre città”, partendo dalla proroga del Superbonus per i lavori in dirittura d’arrivo nei condomini.
Sui bonus è intervento più di una volta, sulla rubrica Opinioni della Nuova Pescara (http://www.lanuovapescara.com) il presidente dell’Ance Abruzzo Antonio D’Intino, che non ha lesinato critiche all’operato del governo, annunciano anche l’arrivo della recessione.
La pressione fiscale sulla casa è cominciata durante il governo Amato, nei primi anni ’90, quando è stata varata l’Isi (Imposta sostitutiva sugli immobili), che doveva avere carattere transitorio in quanto operazione d’urgenza per rimediare ai danni causati alle casse statali dalla difesa della Lira a seguito delle speculazioni del finanziare americano, ma di origini ungheresi, George Soros. Da lì, invece, si è passati all’Ici (Imposta comunale sugli immobili), che in seguito è stata ribattezzata Imu (Imposta municipale propria) con l’avvento di Mario Monti. Insomma, i nomi sono cambiati, ma la tassa è rimasta, inasprita di volta in volta da nuovi coefficienti di calcolo.
Solo con Berlusconi, nel corso dei decenni, la stretta fu allentata un po’, relativamente alla seconda casa. Per le case di proprietà di uno dei due coniugi, ma non abitata o data in locazione, l’intervento venne fatto in maniera posticcia tanto che il Tar del Lazio, su sollecitazione di alcuni comuni che incassavano meno soldi per la riduzione della tassa, riportò il tutto alla situazione preesistente e i proprietari dovettero accollarsi anche multe e more.
Per il sistema del risparmio italiano, basato molto sulla famiglia e sul mattone, bene rifugio per antonomasia, il danno dovuto all’ascesa della tassazione è risultato enorme. Lo Stato ha incassato tantissimo, è vero, ma non ha risolto neppure uno dei suoi atavici problemi, men che meno quello del debito pubblico. (emmeci)