Ci vuole talento, perdonate l’eufemismo, per trovare la banalità nel dramma. Insistere sul dettaglio – e lo stanno facendo troppi mass media – che l’omicidio di Pescara, un minore (Christopher Thomas Luciani) trucidato da altri minori , sia maturato nella “Pescara bene” è una stupidaggine gigantesca almeno quanto gli ohhhh di meraviglia che l’accompagnano. Cosa sarebbe cambiato se i presunti assassini non fossero stati figli di un carabiniere e di un avvocato che, peraltro, fa l’insegnante, ma i figli di un idraulico, un ciabattino, un disoccupato, un extracomunitario scuro o con gli occhi a mandorla oppure, udite udite, di un giornalista afflitto da ultradecennale precarietà? Per quale grazia ricevuta un esponente dell’Arma o una laureata in legge sono da considerare genitori maggiormente dotati nell’arte, ahinoi misteriosa, dell’educazione dei figli?
Girando attorno alle banalità giornalistiche, si dimentica di evidenziare che siamo di fronte a un delitto maturato nel mondo dello spaccio. Droga. Droga. Droga. A Pescara si spaccia e si consuma droga alla luce del giorno e l’alcol scorre a fiumi, specie nei fine settimana, perché i controlli, nella migliore delle ipotesi, sono blandi. Tra un po’, nessuno parlerà più del ragazzino maciullato dalle coltellate nel parco Baden Powell e, senza pudore, riprenderà la narrazione dell’isola felice. E sarà una fandonia perché droga e alcol sono da troppo tempo piaghe sanguinanti di città, non solo Pescara, incapaci di badare ai propri giovani, o meglio ai figli di tutte le categorie professionali e di tutti i ceti sociali. Figli che, senza un’adeguata protezione dello Stato, delle famiglie, della scuola, del mondo sportivo e associativo, rischiano di far parte di un’orrenda macchina che fa i soldi distruggendo le vite. Senza accorgersene, molti ragazzini diventeranno tossici, pusher, morti o carnefici. Proprio come quelli ai quali ora si dedicano stucchevoli ohhhh di meraviglia. (emmeci).