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di Giovanni Staffilano*
Ci sono battiti che raccontano una storia. Alcuni accelerano per l’emozione di una gara, altri rallentano nell’attesa di un verdetto medico. Ci sono battiti affannati, battiti regolari, battiti che tradiscono la fatica e altri che esplodono di gioia dopo un traguardo tagliato. Per tutta la mia vita, ho ascoltato quei battiti, cercando di capirli, proteggerli, preservarli.
Sono nato a Camerino, ma a meno di un anno mi sono trasferito a Penne, un’antica cittadina medievale nata prima di Roma, sospesa tra le colline d’Abruzzo e la storia. Qui, tra le sue strade di pietra e le sue mura secolari, ho mosso i miei primi passi e ho iniziato a sognare il mio futuro. Sin da bambino, sapevo che un giorno sarei diventato un medico. Ma non un medico qualsiasi: volevo occuparmi di sport, di atleti, di quei corpi spinti al limite che mi affascinavano così tanto.
Il mio destino si intrecciò presto con quello di un uomo che avrebbe segnato il mio percorso. Ricordo ancora l’incontro che mi cambiò la vita: ero solo un bambino quando conobbi il giovanissimo professor Leonardo Vecchiet, allora primario all’ospedale San Massimo di Penne. Ma lui non era un medico qualunque. In quegli anni, era già famoso in tutta Italia come medico della Nazionale italiana di calcio. Il suo nome era sinonimo di competenza, di ricerca, di passione per la medicina sportiva. Vederlo lì, tra i corridoi dell’ospedale della mia città, fu per me una rivelazione. Quel giorno capii che il mio sogno era possibile, che c’era un cammino da percorrere e che volevo intraprenderlo senza esitazioni.
Mi sono diplomato al liceo scientifico Luca da Penne in soli quattro anni, perché avevo fretta di iniziare quel viaggio. All’Università D’Annunzio di Chieti Pescara, proprio sotto la guida del professor Vecchiet, ho trasformato la mia passione in conoscenza. Ho trascorso anni tra libri, reparti, diagnosi e sogni, affinando le mie competenze in cardiologia e medicina dello sport. È stato al Centro universitario di Medicina dello sport delle Naiadi di Pescara che ho trovato il mio posto: lì, tra atleti e strumenti diagnostici, ho capito che il mio cuore batteva all’unisono con quello dello sport.
Dopo la formazione presso la Semeiotica medica, il mio percorso professionale mi ha portato lontano dall’Abruzzo, tra le montagne del Trentino, dove ho lavorato per tre anni, dividendomi tra l’attività ospedaliera a Cles e Trento e il mio impegno nello sport. In quegli anni, ho ricoperto il ruolo di responsabile medico del Club Italia della Fidal Triveneto e della Figc del Trentino, affiancando atleti e calciatori nel loro percorso agonistico. È stata un’esperienza fondamentale, che mi ha permesso di confrontarmi con il mondo dello sport di alto livello, affinando le mie competenze nella prevenzione e nella tutela della salute degli atleti.
Nel 2013, il mio percorso mi ha portato in Puglia, dove ho lavorato come cardiologo presso il Centro di alta specializzazione in riabilitazione del San Raffaele di Ceglie Messapica. Lì ho avuto l’opportunità di applicare la mia esperienza non solo alla medicina sportiva, ma anche alla riabilitazione cardiologica e motoria, seguendo pazienti con problematiche cardiovascolari complesse e accompagnandoli nel loro percorso di recupero. Questa esperienza ha rafforzato ulteriormente la mia convinzione che la prevenzione e la cura siano due facce della stessa medaglia e che la medicina dello sport abbia un ruolo cruciale anche nella riabilitazione e nel miglioramento della qualità della vita.
Ho avuto l’onore di lavorare con alcune delle più importanti squadre e federazioni sportive italiane: la Roma Calcio, la Nazionale italiana di volley femminile, il Roseto basket, la Fidal Abruzzo e molte altre. Ho visto campioni sudare, lottare, rialzarsi dopo una caduta e superare i propri limiti. Ho vissuto l’adrenalina delle competizioni, il silenzio prima di un rigore, l’eco delle urla di vittoria. E in tutto questo, il mio ruolo era uno solo: assicurarmi che il loro cuore fosse forte abbastanza da sostenerli, che la loro passione non si trasformasse mai in pericolo.
Ma la medicina dello sport non è solo un camice bianco a bordo campo. È anche una battaglia per la salute, per l’etica, per la tutela di chi ama lo sport. Per questo ho scelto di combattere contro il doping, di lavorare nel Comitato tecnico per la tutela dello sport e antidoping del Ministero della Salute, di contribuire alla creazione del Reporting doping system e delle Linee guida nazionali sul Passaporto biologico degli atleti. Lo sport deve essere pulito, sano, vero: questa è la mia convinzione più profonda.
L’insegnamento è diventato un altro battito del mio cuore. Da sette anni, sono docente all’Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, nel Master di II livello in Analisi chimiche cliniche tossicologiche forensi del doping, nonché componente del Comitato scientifico. Questo incarico mi permette di approfondire il legame tra medicina e scienza forense applicata allo sport, un settore cruciale per la lotta al doping e la tutela della salute degli atleti. Ogni lezione è un viaggio, un dialogo tra il sapere e la curiosità, tra l’esperienza e il desiderio di imparare. Perché la medicina non si ferma mai, e ciò che oggi insegno sarà domani la base per nuove scoperte.
Oltre all’insegnamento universitario, ho l’onore di essere il Responsabile medico della scuola dello Sport del Coni Abruzzo. Questo ruolo mi permette di unire la mia esperienza clinica, la mia passione per lo sport e la mia dedizione alla formazione, contribuendo a creare una cultura della prevenzione e della tutela della salute nello sport, sia per gli atleti che per i professionisti del settore.
Oggi, dopo oltre 35 anni di esperienza, il mio amore per la Medicina dello sport è più forte che mai. Ogni atleta che visito, ogni paziente che si affida a me, ogni giovane medico a cui insegno è un pezzo di questa storia. Continuo a lavorare per la salute del cuore, come dirigente cardiologo presso l’Uoc Territoriale Asl, come responsabile di progetti di prevenzione, come medico che crede che lo sport sia la chiave per una vita più sana e più felice.
E così il mio cuore continua a battere, al ritmo della mia passione, al ritmo dello sport. Perché non c’è niente di più bello di un atleta che supera se stesso, sapendo di poter contare su un cuore forte e sicuro. E sapere di aver contribuito, anche solo un po’, a quel battito… beh, questa è la mia vittoria più grande.
*Cardiologo e infettivologo