Il Parlamento ha approvato in via definitiva la proposta di legge che inserisce il riferimento esplicito allo Sport nella Costituzione. L’articolo 33, dedicato alla libertà di insegnamento, all’arte e alla scienza, è stato modificato con l’aggiunta del comma che riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme.
La proposta ha avuto come relatore alla prima Commissione permanente “Affari costituzionali” il senatore Alberto Balboni, in quota Fratelli d’Italia. Il complesso iter legislativo necessario per le modifiche alla Costituzione, la cosidetta procedura aggravata, si è conclusa il 20 settembre scorso, a seguito di due distinte approvazioni di ciascuna Camera a distanza di almeno tre mesi.
E ora cosa succede? Se l’introduzione del comma è stata salutata dalla premier Giorgia Meloni come una “pagina storica per la Nazione”, segno di “una vera e propria rivoluzione culturale”, il ministro per lo Sport e i giovani Andrea Abodi è già più cauto, affermando che “non basta inserire una norma in Costituzione, ma sarà fondamentale farla vivere nelle scelte politiche e di governo, a livello nazionale e sul territorio”.
Scettici sono, invece, gli esperti di diritto Costituzionale. Il riferimento allo sport era già presente nella Carta, nell’articolo 117 relativo alla ripartizione delle competenze tra Stato e Regione, dove si cita l’ordinamento sportivo tra le materie di legislazione concorrente, quindi condivise tra i due enti. Secondo il costituzionalista Alfonso Celotto, riconoscere il valore dell’attività sportiva nella Carta fondamentale implica che, d’ora in poi, lo Stato non dovrà solo occuparsi di regolare l’attività sportiva, ma dovrà promuoverla attivamente, ad esempio valorizzandola nelle scuole anche attraverso l’assuzione di nuovi insegnanti di educazione fisica.
Mauro Volpi, docente di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Perugia, attribuisce a questa modifica un valore puramente simbolico, che nulla cambierà nella vita dei cittadini. Il punto è che questo sembra essere uno sforzo legislativo di corsa sul posto. Tanta fatica, per nessuno spostamento. Cosa che in fisica equivale a lavoro zero. È un’iniziativa trasversale e non divisiva, alla quale nessuna forza politica si sarebbe opposta, ma che non apporta nessun miglioramento concreto alla vita della comunità. Nella politica del fare, è sicuramente un punto facile. I commentatori più critici rilevano come il Parlamento dovrebbe incidere sulla legislazione ordinaria e impegnarsi sulla Costituzione per attuarla in tutte le sue parti, dal momento che la Carta presenta ancora dei passaggi inapplicati. Continue modifiche poco incisive, come quella che nel maggio 2022 ha introdotto la tutela dell’ambiente all’articolo 9, rischiano di svilire la legge fondamentale dello Stato in una “Carta prêt-à-porter”, come l’ha definita Pier Luigi Petrillo in un articolo pubblicato sul quotidiano Domani a ridosso della ratifica della riforma.
La Costituzione, con questa ultima integrazione, è stata modificata in totale 46 volte dalla sua entrata in vigore nel 1948.
Piero Calamandrei definì la Carta italiana una “Costituzione presbite”, fatta di principi generali che le consentissero di guardare lontano e di essere applicata in modo efficace anche con il mutare dei tempi. Queste integrazioni di dettaglio si addicono più alla vista corta di un miope e restringere così tanto il campo visivo potrebbe non essere una scelta lungimirante.
Michela Di Michele