*di Florio Corneli
A questo punto, chiedersi chi ci guadagna e chi ci rimette dall’incagliamento dei crediti fiscali è doveroso. Sicuramente, chi ci rimette sono le imprese che confidando nello Stato e nella normativa dello Stato hanno eseguito i lavori avendo in pagamento la cessione del credito maturato dal committente per effetto dell’intervento eseguito. Sicuramente, chi ci guadagna sono le organizzazioni che dispongono di capitali utili per acquistare i crediti fiscali, peraltro garantiti dallo Stato a prezzi assolutamente stracciati, da saldi di fine stagione o di fine vita per le imprese. Il Superbonus e il meccanismo della cessione dei crediti sono argomenti complessi e il rischio è sempre quello di imbattersi in informazioni sbagliate, faziose e volutamente tendenziose, che tendono a giustificare comportamenti che, in realtà, avvantaggiano certe operazioni (finanziarie) a svantaggio di altre (imprenditoriali).
La necessità di disincagliare immediatamente tali crediti potrebbe evitare, per quanto ancora possibile, che aziende in profitto e patrimonializzate, con storie importanti sulle spalle, debbano portare i libri in tribunale pur avendo il bilancio in “buon attivo”. Le motivazioni per cui non si procede a disincagliare i crediti possono sembrare oscuri, ma è chiaro il risultato: spostare in tutto o in gran parte i possibili utili dell’operazione dal mondo delle imprese al mondo della finanza. Un’impresa che è in attesa di disincagliare tali crediti è disponibile ad accettare cifre incredibilmente basse per evitare il fallimento immediato, ma, in molti casi, creando il presupposto per cui questo avvenga domani.
A fronte di un credito di euro 100 già presente nel cassetto fiscale, le offerte di acquisto (al netto) molte volte sono comprese tra euro 60 e 70 con un utile per l’acquirente del 30/40% e con la certezza della riscossione. “Le banche avrebbero una capacità di acquistare e assorbire in compensazione ulteriori bonus edilizi per circa 7,2 miliardi di euro su base annua”, sostiene il direttore dell’Agenzia delle entrate (Ernesto Maria Ruffini, ndr), mentre ulteriori risorse potrebbero venire da Enti pubblici. Eppure è tutto fermo. Sono state sottolineate con enfasi e ridondanza operazioni truffaldine nella gestione del Superbonus, che sono assolutamente marginali e poco significative, mentre vengono coperte da un assordante silenzio, quanto non incoraggiate, le dinamiche di quello che sicuramente si può definire come operazione di sciacallaggio, legittimate da norme e comportamenti dello Stato.
Il rischio infatti, più volte di fatto concretizzatosi negli ultimi mesi, è di sciacallaggio finanziario da parte di soggetti che acquistano i crediti a un valore bassissimo ed a questo punto sarebbe anche auspicabile un sistema di monitoraggio e controllo per conoscere l’esatta dimensione dei costi applicati alla cessione dei crediti.
*Presidente di Federmanager Abruzzo e Molise