di Raffaele Morelli*
È aperto da tempo il dibattito sulla denatalità, uno dei problemi più pressanti da risolvere per la società occidentale. Fanno eccezione quei paesi che hanno il problema opposto, cioè la super natalità, che ha spinto la popolazione, ad esempio di India e Cina, alle stelle, visto che sommano, da sole, più di un quarto della popolazione mondiale. La denatalità e la super natalità rappresenteranno sempre più un fattore sociale in grado di influenzare l’equilibrio mondiale, almeno fino a quando non saremo in grado di colonizzare altri pianeti e spostare su quelli l’eccesso di popolazione già esistente nel mondo. Il che vuol dire che, in realtà, dovremmo tutti fare meno figli per cercare di prolungare la vita sulla terra il più a lungo possibile.
Il problema diventa serio però se, come detto, alcuni decrescono mentre altri ipercrescono. Lo scopo di questa digressione, al netto dell’introduzione, consiste nell’analizzare da un punto di vista sociale le motivazioni che supportano la denatalità in occidente ed in Italia in particolare. Qualcuno pensa che l’abbassamento dell’indice dipenda da una mera questione economica, qualcun altro nicchia, ma non propone un’alternativa. È probabile che la condizione economica dei giovani incida su certe scelte, ma siamo sicuri che la causa della denatalità sia solo questa? Analizzando la società nel suo livello più profondo potremmo osservare un altro aspetto non secondario di questo secolo appena iniziato: l’edonismo sfrenato, la ricerca del piacere inteso come assenza di responsabilità, la ricerca del disimpegno, di quell’atarassia che si produce come conseguenza del disinteresse verso ogni accadimento che ci impedisca di sentirci belli, intelligenti a prescindere, simpatici, desiderabili.
E, se posso essere franco fino in fondo, questo problema che riguarda tutti, impegna la fascia di età che va dai quattordici ai settanta, colpendo più le donne che gli uomini. Perché? Ma soprattutto: siamo certi che l’edonismo sfrenato fine a sé stesso sia la soluzione migliore per andare verso la gioia di esistere? L’aumento del consumo di droghe sempre più d’impatto sulla psiche, l’aumento della violenza di genere, ma anche intragenere, l’aumento della violenza estrema tra i ragazzi, sempre più giovani, il fenomeno dei ragazzi che pur di guadagnare soldi attraverso la pubblicità sui social si sporgono da ogni dove o si producono in spericolate gare contro la logica rischiando la vita propria e quella degli altri, la proliferazione su Instagram, Threads e altri consimili, di seni, sederi, cosce, più o meno attaccati a teste pensanti, in pose tutte uguali, che hanno come unico scopo estrarre dall’oblio della mediocrità gente non in grado di produrre altro, ci manda un messaggio che, forse,
dovremmo cercare di decriptare? La colpa è della scuola! Sembra un refugium peccatorum comodo per tutte le evenienze, unito all’altro tormentone: la colpa è dei genitori.
Chi volesse mettere a tacere la coscienza può farlo senza difficoltà. La colpa è dei genitori e della scuola. Ma è davvero solo così? Non è che il mondo è preda di coloro che hanno come unica stella polare il raggiungimento del paradiso in terra ove
per paradiso intendiamo l’assoluta bellezza esteriore, l’essere al centro del desiderio della massa, di conseguenza guadagnare una montagna di denaro sudando poco e niente? E non è che questo andazzo è proposto da una società che non offre altro? Poi la colpa è della scuola e della famiglia, ma chi ha rovinato la scuola e la famiglia? Non è che la nostra società moderna dovrebbe iniziare a porsi delle domande e cercare di trovare delle risposte serie? Io ne propongo una: se una ragazza mediocre vede un’altra ragazza altrettanto mediocre diventare famosa grazie alle “pubbliche relazioni” piuttosto che a reali capacità
culturali, espressive, emotive, intellettive, non è giusto che si domandi: perché lei sì ed io no? Stesso discorso per gli uomini. Capisco che metterla così semplifica in modo eccessivo la ricerca del problema. Dichiaro, alla fine di questo pezzo, che l’importante, in certi casi, non è produrre soluzioni, che pure si potrebbero proporre. Lo scopo è quello di spingere le persone a porsi domande, su sé stessi in primis e poi su tutto il resto. Se la nostra società si trasformerà in un “l’importante è apparire, perché chi appare diventa ricco e i soldi sono l’unica soluzione al doloroso rebus della vita” ne vedremo delle belle, anzi no, delle brutte, anzi no delle pessime. Meditate.
*Romanziere e medico