di Gianni Melilla*
Le forze abruzzesi di centro, sinistra e 5 Stelle stanno definendo un programma comune per presentarsi unite alle prossime elezioni regionali. Saranno elezioni difficili per il Centrosinistra, condizionate dal vento nazionale che ingrossa le vele delle destre guidate da Meloni. La tradizione in Abruzzo dal 1995 in poi, cioè da quando si elegge in modo diretto il presidente della Giunta, è stata quella del ricambio politico tra centrosinistra e centrodestra ad ogni elezione regionale: Falconio (cs), Pace (cd), Del Turco (cs), Chiodi (cd), D’Alfonso (cs), Marsilio (cd).
Nessuno può scommettere su un possibile ricambio l’anno prossimo. La situazione è infatti molto mutata: il bipolarismo tradizionale non esiste più perché il Centrosinistra è diviso: il M5S così come Italia Viva e Azione non sono alleati del Pd e della sinistra. Senza un’alleanza piena, il Centrosinistra perde in partenza perché nell’altro campo il Centrodestra si ritrova unito senza problemi e vince pur non avendo la maggioranza assoluta dei voti. Aiuta poi il premio di maggioranza a garantire la governabilità.
L’astensionismo poi è un altro problema che in passato colpiva più il Centrodestra, mentre oggi danneggia prevalentemente il Centrosinistra i cui elettori sono molto delusi dalle politiche seguite dai vari governi tecnici e politici di cui ha fatto parte in particolare il Pd.
Il Centrodestra ha un blocco sociale forte: lavoro autonomo, libere professioni, mondo imprenditoriale a cui si sono aggiunti anche settori non trascurabili del lavoro dipendente e dei pensionati. Il collante che unisce questo mondo è la lotta alla pressione fiscale e allo Stato sociale. La flat tax solo per gli autonomi è uno scambio elettorale plateale.
Il Centrosinistra non ha più la prevalente rappresentanza del lavoro dipendente, dei pensionati e delle periferie sociali e ha mollato la presa su settori tradizionalmente di sinistra del lavoro pubblico come la scuola e la sanità.
Troppe scelte sbagliate hanno provocato il divorzio del Centrosinistra dai suoi insediamenti sociali storici. Occorre dunque recuperare una forte cultura dei diritti sociali per riconnettersi sentimentalmente e politicamente con il variegato mondo del lavoro e le nuove emarginazioni sociali. La prevalenza dell’attenzione ai diritti civili non può sostituire la centralità della questione sociale che è la vera cifra di un movimento socialista e di sinistra.
Dunque vanno affinati i programmi e individuate le forme più appropriate per tutelare i lavoratori privati e pubblici, i ceti medi produttivi e per rilanciare lo Stato sociale a partire da sanità, scuola, casa, trasporti pubblici. Ricette vecchie? No, ricette di sinistra, valide ieri e anche oggi. Averle abbandonate ha decretato la crisi culturale e politica del Centrosinistra. Ma oltre i contenuti vi è da riconquistare anche il protagonismo del Popolo di sinistra, buona parte del quale ha perso fiducia e si astiene in modo crescente ad ogni elezione.
Alle elezioni regionali raramente si supera il 50% degli elettori. E allora ben venga il confronto sul programma e l’unità della coalizione, ma non basta. Il candidato Presidente che guiderà il Centrosinistra non può essere scelto da un pugno di persone che dirigono partiti e partitini, la cui legittimazione democratica è molto labile. Occorre chiamare il popolo del Centrosinistra a scegliere il candidato presidente democraticamente, attraverso elezioni primarie libere tra più candidati.
L’abbiamo fatto in passato e ci ha portato fortuna.
Oggi sarebbe sbagliato sottovalutare la necessità di una partecipazione degli elettori di Centrosinistra alla definizione di una scelta fondamentale come quella del candidato Presidente.
Vanno attivate nuove energie, recuperate forze che si sono pensionate dalla politica attiva, va promossa una nuova generazione politica con volti esperti e nuovi. Le primarie del Centrosinistra possono essere il motore di una nuova stagione politica e amministrativa del nostro Abruzzo.
*Presidente emerito Consiglio Regionale dell’Abruzzo