di Giovanni Staffilano*
La ‘vigile attesa’ non è la soluzione, soprattutto quando c’è di mezzo la salute. Il post pandemia (covid/vaccini), ha cambiato le carte in tavola. Molti, ma non tutti, hanno continuato ad adottare metodi e terapia finora efficaci, correggendo casomai il tiro ma, di fatto, continuando a fare quello che fino a ieri aveva funzionato, con la speranza che ogni cosa tornasse al più presto come prima. Ma non è bastato, purtroppo. L’aumento esponenziale delle cardiopatie anche in età adolescenziale e giovanile, le pneumopatie e le riaccensioni di patologie oncologiche, una strana forma di fatica cronica, ne sono la dimostrazione tangibile. Tutti hanno avuto a che fare con un mondo nuovo, che richiede un approccio alternativo e soprattutto abilità diverse.
Dobbiamo considerare che la ‘vigile attesa’ non è una modalità auspicabile in nessun campo, ancor più quello della salute. Non è giustificabile che al medico sia negata la possibilità di curare secondo ‘scienza e coscienza’ i pazienti e che venga adottato un sistema ‘obbligatorio’ di non trattamento della salute. Insieme ad un gruppo di lavoro che si ispira anche alle recenti evidenze scientifiche, utilizzando trattamenti multidisciplinari innovativi, è stata sperimentata un’efficacia terapeutica che va persino oltre le più rosee aspettative. L’esperienza maturata in passato presso il Centro per la CFS (Sindrome da fatica cronica), nella Clinica di Malattie Infettive ed il CUMS (Centro universitario di medicina dello sport) dell’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara, è stata di fondamentale rilievo per approfondire alcuni aspetti, e cercare nuove terapia efficaci. Una tematica che fino ad oggi non era conosciuta, è certamente legata alle vasculiti diffuse, spesso ‘primum movens’ della catena di eventi avversi che portano le persone ad ammalarsi.
*Cardiologo e infettivologo