di Gianni Melilla*
Il 27 dicembre 1963, la Regione Abruzzo-Molise si divide in due e nasce la piccola regione del Molise costituita dalla sola provincia di Campobasso. Successivamente, nascerà la provincia di Isernia.
Fu una scelta miope che ha indebolito sia la popolazione abruzzese che quella molisana e fu dovuta a ragioni prevalentemente campanilistiche e di potere delle classi dirigenti e politiche.
Non esistevano, infatti, ragioni serie e razionali dal punto di vista economico e culturale. La storia comune di Abruzzo e Molise è antica. Il territorio regionale abruzzese-alto molisano in età sveva era un unico Giustizierato. Fu il grande imperatore Federico II di Svevia nel 1233 a costituire il Giustizierato abruzzese-alto molisano con capoluogo Sulmona, in posizione centrale tra Appennino e mare Adriatico. Il capoluogo era Sulmona e non L’Aquila, che venne fondata nel 1254.
Il Giustizierato di Sulmona comprendeva l’Abruzzo Ulteriore a nord del fiume Aterno-Pescara e l’Abruzzo Citeriore a Sud sino all’Alto Sannio molisano e all’ l’Alto Volturno. Il basso Molise era invece parte del Giustizierato della Terra di Lavoro della Capitanata.
Abruzzo e Molise nel corso dei secoli hanno subito diverse variazioni territoriali. Con la Riforma murattiana, l’Abruzzo Ulteriore fu diviso in due province : la prima con capoluogo Teramo e la seconda L’Aquila.
Durante il Regno delle due Sicilie e poi con il Regno d’Italia, Abruzzo e Molise erano una unica identità territoriale e si articolavano in 4 province ( Abruzzo Ulteriore 1, Abruzzo Ulteriore 2, Abruzzo Citeriore e Molise).
L’Assemblea Costituente della Repubblica stabilì nella Costituzione italiana l’unica regione di Abruzzi-Molise, così come per altre regioni costituite da territori diversi come l’Emilia-Romagna o il Friuli-Venezia Giulia, che si sono ben guardate dal dividersi.
Erano previste quattro province con capoluoghi L’Aquila, Chieti, Pescara e Campobasso.
La Chiesa ha ancora oggi una unica regione ecclesiastica abruzzese-molisana articolata in 11 diocesi ( Chieti-Vasto, Lanciano-Ortona, L’Aquila, Avezzano, Sulmona, Pescara-Penne, Teramo-Atri, Campobasso-Boiano, Isernia-Venaria, Termoli-Larino, Trivento).
I sindacati Cgil CISL e UIL da alcuni anni hanno riunificato le loro strutture di Abruzzo e Molise dando vita ad una unica organizzazione regionale. Le comunità degli emigrati all’estero e nelle regioni del Nord Italia continuano ad essere organizzate in associazioni unitarie abruzzesi-molisane.
La separazione di Abruzzo e Molise avvenne con la Legge costituzionale n. 3 del 27 dicembre 1963. E’ stato l’unico esempio di separazione di Regioni italiane. Il procedimento fu molto discutibile, perché si dovette derogare da quanto stabiliva la Costituzione. Infatti si violò la norma costituzionale che prevedeva per la formazione di nuove regioni, una popolazione di almeno un milione e di abitanti. Tale norma era servita per negare al Salento la richiesta di istituire una nuova Regione, che peraltro aveva ben altra e consistente motivazione. A differenza di quella abruzzese e molisana, la classe dirigente delle Puglie, con molta lungimiranza, rifiutó quella deriva campanilistica.
Fu ignorata per quella scissione tra Abruzzo e Molise qualsiasi consultazione popolare, non fu previsto nessun referendum. Le popolazioni furono tenute rigorosamente fuori da una scelta così importante per il loro futuro. Fu tutto giocato in qualche stanza romana da una manciata di parlamentari, con evidenti interessi politici e personali “in atto d’ufficio”.
Ancora oggi non si riesce a capire il perché sia stata separata una regione che era unita da secoli, che aveva lo stesso dialetto, gli stessi costumi, la stessa storia. Solo un gioco di potere interno alle élites politiche e imprenditoriali di quei tempi può “giustificare” una scelta così irrazionale e sicuramente dannosa per i cittadini molisani e abruzzesi.
Non sarebbe male a 60 anni dal misfatto ripensarci e tornare ad essere un’unica Regione, sicuramente più importante e competitiva nel contesto nazionale ed europeo. E sarebbe bello che tale ripensamento partisse dal basso, dalle popolazioni abruzzesi e molisane e dalle loro associazioni, dal volontariato e dalle istituzioni locali.
*Presidente emerito Consiglio Regionale dell’Abruzzo