
di Luciano D’Alfonso*
La Nuova Città (Pescara, Montesilvano, Spoltore) ha avuto 100 mila autoconvocati che hanno chiesto una nuova forma urbana. La legge che meritava di essere il primo motore mobile è arrivata dopo il referendum “orientativo”. Abbiamo fatto l’impossibile per coinvolgere i Parlamenti Comunali nel cantiere della nuova città. Ad oggi è stata svolta solo una attività burocratica, a rilievo statutario e convenzionale. Un contrattualizzato di un Market di Registri Buffetti avrebbe potuto prendere su di sé lo stesso carico di lavoro. Manca ancora la ruota principale per far camminare la difficilissima ambizione della nuova città: si chiama Progetto di Fusione!
I Parlamenti comunali, che non sono parlatoi, devono produrre il progetto di fusione per insediare un nuovo contratto sociale per la Città Nuova. Serve una nuova coppia tra diritti e doveri della cittadinanza. La città nuova deve generare comodità in più e doveri ulteriori. L’Ordinamento comunale della Città Nuova deve portare con sé una rivoluzione di opportunità, un’agenda di nuovi investimenti e una PA all’altezza dei nuovi progetti di vita delle persone, delle imprese, delle associazioni e dei cittadini temporanei, che saranno la più parte della nuova città.
Ad oggi non c’è ancora nulla di tutto questo, poiché sembra quasi che Babilonia si sia impossessata della Nuova Città. I presidenti dei tre Parlamenti comunali convochino gli Stati generali della Nuova Città per capire se ci sono ora le condizioni, andando oltre i chierici eletti nei consigli Comunali.
*Deputato del Pd, già presidente della Giunta regionale d’Abruzzo