L’insopportabile pantomima della destra, la solita ambiguità del Pd e le spese occulte di Nuova Pescara sulle spalle dei contribuenti. La farsa della Fusione di Pescara, Montesilvano e Spoltore va avanti stancamente, triste spettacolo su un palco dove recitano tanti guitti e neppure un attore con la maiuscola. Prima delle ultime elezioni comunali a Pescara, quelle sub judice, gli alfieri della destra pescarese dicevano che, se avessero vinto, Nuova Pescara sarebbe slittata di uno, due anni, in attesa della mazzata finale, cioè la cancellazione del nuovo comune, in barba a un referendum (2014) e a due leggi regionali (2018 e 2023). Sarebbe anormale se non ci trovassimo in Italia.
E atterriamo ai giorni nostri, a poco più di un anno dallo scioglimento dei tre superflui comuni, atto propedeutico alla nascita di un solo comune: le uscite pubbliche dei destri (anche gli onorevoli Testa e Pagano) contro la scadenza del primo gennaio 2027, bene amplificate sui fogli locali, sono sempre più frequenti e roboanti. Così forti da coprire le coraggiose voci di chi, in quell’ecosistema, vuole Nuova Pescara, come D’Angelo e Croce. La risposta del Pd, i sinistri, è quella che ti aspetti dal Pd: un idioma poco comprensibile, dettato e trascritto da componenti di un partito senza leadership (D’Alfonso batti un colpo) e spesso alla ricerca delle convenienze di prossimità. Da Spoltore, i piddini fanno sapere di non essere pronti alla fusione (Trulli) o di non volerla (Matricciani), da Pescara di essere pronti (Blasioli, Giampietro e Presutti su tutti) ma con le riserve più o meno chiare di qualcuno (Pagnanelli), mentre da MonteCementoSilvano non si sente nulla perché lì il Pd non esiste o quasi.
I pentastellati Sola ed Alessandrini, come Pettinati e Di Pillo, sono monumenti alla coerenza: sempre e senza tentennamenti per il rispetto del referendum e della legge. Mosche bianche. Gente che non sa di essere in Italia, un posto dove il legislatore non rispetta le leggi che fa. E nel caso di Nuova Pescara il legislatore è la Regione Abruzzo, che ha già mandato alle ortiche la prima legge di Fusione, targata D’Alfonso e ci vuole mandare anche la seconda, made in Sospiri.
Le spese, dicevamo. La tragicomica vicenda di Nuova Pescara è fatta anche di commissioni ben pagate, il più delle volte inutili o vergognosamente sabotate dagli stessi partecipanti. E, ciliegina sulla torta, c’è la vicenda della borsa di studio di oltre ventimila euro (rinnovabile…) della Regione (a guida centrodestra) a Fabio Masci, figlio di Carlo, sindaco (di centrodestra) di Pescara, per una ricerca inerente la Nuova Pescara. Ricerca è il termine giusto perché di Nuova Pescara non c’è traccia. Sarebbe bello, se ci fosse l’ennesimo rinvio della fusione, che Fabio Masci rinunciasse ai soldi. Dai, Fabio: facci sognare. (m.c.)
