Marina Dolci, presidente di Confesercenti Pescara, affronta gli argomenti caldi della categoria che rappresenta: il commercio online, il proliferate dei siti di prodotti di seconda mano, i nuovi centri commerciali tra Pescara e Montesilvano, la pressione fiscale, le date dei saldi, gli orari della movida, la Bolkestein, le imminenti elezioni e l’avvento di Nuova Pescara.
Secondo una ricerca dell’Osservatorio Confesercenti, in Abruzzo c’è stato il 55 per cento in meno di aperture di attività commerciali nel decennio 2013-2023: presidente, l’anno appena iniziato cosa promette?
“Purtroppo, il nuovo anno non porterà grandi cambiamenti in positivo. Le attività commerciali di vicinato subiscono una tassazione altissima, subiscono rincari costanti per quanto riguarda costi di gestione come affitti, tassi sui mutui, sulle spese energetiche e delle merci. Si è presa questa brutta abitudine di fare sempre promozioni e sconti oltre i saldi, che non sono più di fine stagione visto il cambiamento climatico. La grande distribuzione impone questo avvio troppo ravvicinato e anche poco appetibile per i clienti, dopo pochi giorni il flusso delle vendite scende in modo impressionante anche perché il periodo di saldo che dura 60 giorni è veramente esagerato. Basterebbe un mese dal 25 gennaio al 25 febbraio, idem per l’estate dal 25 luglio al 25 agosto. Certo anche il cambiamento climatico che già da alcuni anni si fa sentire non farà brillare la stagione invernale, ma il commerciante per indole è propositivo e, quindi, ci aspettiamo tempi migliori”.
Il pessimo dato dell’ultimo decennio dice che l’Abruzzo è la regione meridionale ad aver fatto peggio: come si spiega?
“La nostra bellissima regione non è stata amata nel modo giusto da molti amministratori, le quattro provincie hanno sempre avuto le loro peculiarità ma non sono state apprezzate e fatte crescere. Si spiega come un freno nelle infrastrutture e una economia sempre più stantia, un’industria che non ha fatto passi avanti, un entroterra che continua a impoverirsi, un turismo al quale non si consente di fare il grande salto di qualità, costringa intere generazioni a lasciare l’Abruzzo. Ci sono regioni del Sud che hanno dimostrato più vivacità, ed è il caso della Puglia. Personalmente, soffro quando parlo con i figli di miei clienti trasferiti in altre città, anche più piccole di Pescara, che mi dicono che quando ritornano si annoiano perché la città ormai è spenta. Questo non va bene, è contro la natura di Pescara”.
Quanto ha inciso, nella crisi del commercio tradizionale, l’esplosione del commercio dell’online?
“Ha inciso tantissimo, ma è un’esplosione che definisco drogata: alla comodità della consegna a domicilio si sovrappone una politica dei prezzi enormemente aiutata da tasse inesistenti, mentre i negozi fisici sono sottoposti a regole, imposte, scadenze, obblighi che altri non devono rispettare. Così sono tutti bravi a fare business. Molti negozi devono migliorare la propria capacità di adattamento, ma è una sfida impari fino a che le istituzioni non decideranno di mettere tutti sullo stesso piano”.
E quanto incidono i siti di compravendita di abbigliamento, oggettistica, libri ed altro di seconda mano che appassionano soprattutto i più giovani?
“Parliamo di una quota di mercato in crescita, ma ancora molto piccola rispetto al mercato nel suo insieme. Credo si tratti di due mondi che comunicano, ma non si sovrappongono: chi si reca in un negozio fisico cerca molto spesso la qualità, mentre il negozio di abiti usati può essere un concorrente del commercio online e di quello che gli specialisti definisco shopping compulsivo, tipico del commercio online, ma molto più raro nei negozi tradizionali”.
I commercianti tradizionali e le organizzazioni di categoria cosa hanno sbagliato?
“Quella dei commercianti è una categoria storicamente individualista, in Italia e nel resto del mondo, e dunque non siamo stati bravi a fare massa critica né in Italia né in altri Paesi. Ma gli errori sono stati commessi dalle istituzioni, che hanno deliberatamente scelto di autorizzare, per ignavia o paura di perdere consenso, una concorrenza sleale senza precedenti. Come detto prima, noi commercianti siamo ottimisti per scelta e voglio credere che dopo l’esplosione di questo fenomeno si arrivi ad una regolamentazione più puntuale. Se non altro perché il rischio è davvero quello di veder precipitare la qualità della vita dei nostri quartieri, che senza negozi diventerebbero dei pericolosi dormitori. Le attività di vicinato fanno anche servizio sociale, sicurezza e luce”.
Cosa rimproverate alla politica nazionale?
“Di aver sottovalutato il fenomeno, ed ora di non saperlo governare. Troppi governi hanno utilizzato le piccole imprese come un bancomat non sapendo più cosa vuol dire avere a che fare con la burocrazia e la pressione fiscale d’Italia, facendo anche perdere l’appeal di un lavoro che, invece, è in grado di dare grandi soddisfazioni”.
Nel giro di pochi mesi, in Abruzzo si voterà in Regione e nei comuni di Pescara e Montesilvano: pensa che nei programmi elettorali il commercio sia stato tenuto nella giusta considerazione?
“I programmi sono sempre molto interessanti, molto meno la loro traduzione in atti concreti. Nell’area urbana più grande d’Abruzzo, nel giro di poche settimane, si è dato il via libera ai nuovi centri commerciali ai margini dell’aeroporto e si è approvata una variante che consentirà di aprire un nuovo grande supermercato a Montesilvano. In Regione ci sono voluti mesi per i ristori alle imprese della ristorazione chiuse per la zona rossa. Per non parlare della confusione che regna intorno alla direttiva Bolkestein (la direttiva europea sulla liberalizzazione dei servizi, ndr): abbiamo l’impressione che le istituzioni locali non capiscano più il commercio e le sue esigenze. Abbiamo bisogno di cure giornaliere, pubblicità in tutti i siti web e su giornali specialistici del turismo, cultura, moda”.
Nel 2027, salvo complicazioni, sorgerà Nuova Pescara. Al riguardo c’è un’interlocuzione tra Confesercenti e la politica?
“La Confesercenti è parte attiva di un gruppo di associazioni di categoria impegnate nella definizione di come realizzare al meglio la nuova città. Il dialogo con la politica ha avuto alti e bassi in questo senso, ma ora che la direttrice è segnata bisognerà rendere il confronto costante, produttivo, efficiente. Solo così la nuova città potrà essere una svolta per chi vi abita e per chi ha un’attività”.
Turismo e ricettività sono in grado di dare una svolta all’economia di Nuova Pescara?
“Il turismo non può essere solo declamato: occorre attirarlo, organizzarlo, strutturarlo. Alcune misure esagerate di contenimento degli orari hanno spinto molte attività a spostarsi fuori, o a cambiare radicalmente la propria offerta, nei fatti impoverendo la capacità di Pescara di attirare persone. Il dilemma dell’aeroporto, con la precarietà dei voli che sta vivendo da qualche mese a questa parte, è una spada di Damocle che va evitata a tutti i cosi: i turisti stranieri hanno una capacità di spesa molto più alta di quelli italiani, e senza di loro gli effetti positivi rischiano di affievolirsi. Occorre un piano di azione che metta il turismo al centro delle decisioni della Regione e della Nuova Pescara, interagendo con le aree interne, perché il potenziale è davvero enorme”.
(emmeci)