Tra i tanti concetti di cui si abusa negli ultimi tempi, soprattutto ad uso politico-propagandistico, c’è la difesa dei confini. Il concetto è caro alla destra: siamo sotto attacco dei migranti! Da qui, una serie di congetture da rabbrividire: colpa di Soros, vogliono sostituire gli italiani con gli africani, diventeremo tutti musulmani e via dicendo. I migranti, riflettiamoci, hanno tante colpe agli occhi dei difensori del suolo patrio: sono poveri, neri e, il più delle volte, non cristiani. Soprattutto, sono poveri. La cattiva gestione dei migranti fatta da tutti i governi, quindi anche quelli a matrice centrosinistra – dalle espulsioni farsa alla mancanza dei controlli e sicurezza nelle città, dal processo a Salvini fino alla tragicomica operazione Albania – hanno aumentato la percezione negativa del fenomeno da parte dell’opinione pubblica.
Dunque, i migranti verrebbero a rubare la nostra ricchezza. E qui dovremmo chiarire cosa si intende per ricchezza. I giovani dovrebbero rientrare di diritto in questa categoria perché rappresentano il futuro. Ed ecco, quindi, il doppio fallimento della difesa dei confini perché, a furia di cercare di impedire l’ingresso dei migranti, non si è vista la massa dei giovani che ha lasciato l’Italia. Italiani fuggiti dall’Italia.
Tra il 2011 e il 2023, quindi proprio negli anni in cui la discussione sui confini si è fatta più accesa, 550mila giovani italiani tra i 18 e i 34 anni hanno scelto di emigrare all’estero, ridotti a 377mila dai rientri. È quanto raccontato dal rapporto I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero, a cura della Fondazione Nord Est e presentato nei giorni scorsi al Cnel. Il valore economico del capitale umano emigrato, ma pare una stima al ribasso, è di 134 miliardi di euro.
Per ogni giovane che arriva in Italia dai Paesi avanzati, quindi non i migranti africani e asiatici di Paesi martoriati da guerre, carestia e dittature, otto italiani scelgono di trasferirsi all’estero, posizionando l’Italia all’ultimo posto in Europa per attrazione di giovani talenti. Il dato è inquietante: l’Italia accoglie solo il 6% di giovani europei, contro il 34% della Svizzera e il 32% della Spagna. Il fenomeno, definito come emigrazione intensa e inedita, coinvolge soprattutto laureati e diplomati del Nord Italia, quindi della zona dove più si sente la necessità di difendere i sacri confini.
Secondo la Fondazione Nord Est, l’emigrazione giovanile è iniziata con la crisi economica e ha ripreso vigore dopo la pandemia malgrado la disoccupazione giovanile in calo. La motivazione principale sembra essere la qualità del lavoro più che il tasso di disoccupazione, evidenziando i ritardi del mercato del lavoro italiano rispetto agli altri Paesi europei.
Secondo il rapporto, il 56% dei giovani emigrati si dichiara soddisfatto del proprio tenore di vita, contro il 22% di chi è rimasto in Italia. Inoltre, il 69% degli expat ha una visione positiva del futuro, rispetto al 45% di chi è rimasto. Solo il 10% degli emigrati cita lo stipendio come principale motivazione, preferendo condizioni lavorative migliori, opportunità di studio e una qualità della vita superiore.
Un terzo degli emigrati prevede di restare all’estero, mentre un altro 1,4 milioni di giovani italiani potrebbe emigrare se le condizioni nel Paese non miglioreranno. Le cause di questa fuga sono la mancanza di meritocrazia, che si traduce nell’imbarazzante ricorso alla raccomandazione, un mercato del lavoro rigido e la scarsa apertura internazionale. Se a questo aggiungiamo il drammatico calo delle nascite, ecco che più che di Italia bisogna cominciare a parlare di Italietta. (emmeci)