Florio Corneli, presidente di Federmanager Abruzzo e Molise e del Consorzio Stabile Vestino, neo componente dell’assemblea dell’Ance Abruzzo, parla dei Superbonus, dei problemi delle imprese, specie delle Pmi, dell’emigrazione, di Nuova Pescara e delle imminenti elezioni regionali e comunali, evidenziando il concetto di meritocrazia, che è sempre troppo trascurato, specie nella pubblica amministrazione.
Corneli, l’umore tra gli iscritti a Federmanager Abruzzo e Molise, in questi primi vagiti del 2024, è più votato all’ottimismo o al pessimismo?
“E’ una via di mezzo, per due motivi: da un lato c’è un rallentamento dell’economia per la riduzione della spinta del Superbonus e dall’altra c’è curiosità sugli effetti possibili del Pnrr. I manager provano un po’ di disillusione nei confronti di chi ha potere decisorio e della loro capacità di attivare scelte basate sul riconoscimento dei meriti, soprattutto nel settore pubblico, ma anche in ambiti privati. Si teme che continuino ad essere privilegiati, per i vertici delle organizzazioni, coloro che portano voti rispetto a coloro che possono portare competenza”.
L’Abruzzo è una regione con una marcata industrializzazione eppure c’è stata, negli ultimi anni, una forte emigrazione, soprattutto di giovani, verso il Nord e l’estero: come lo spiega?
“Il sistema industriale è investito da processi di aggregazione e, nei fatti, si creano dei grandi monopoli internazionali che gestiscono i maggiori processi industriali, dalla chimica all’automotive e via dicendo, con una conseguente delocalizzazione della governance. Quindi, la produzione, in alcuni casi, rimane in loco, mentre la governance va via e quest’ultima richiede una scolarizzazione più alta e ha più appeal verso i giovani”.
Lei da circa un anno mezzo presiede il Consorzio Stabile Vestino e sta affrontato la fase del post bonus con il cumulo dei crediti fiscali da smaltire: quali sono le prospettive?
“L’incagliamento dei crediti ha creato, in tutte le realtà consortili, e a tutte le aziende a non alta capitalizzazione, molte difficoltà che ne mettono in pericolo l’esistenza. La sofferenza è ancora fortemente presente. Come classe dirigente, abbiamo avuto la capacità di leggere i primi sintomi del fenomeno e ci siamo attivati per la stabilizzazione del Consorzio Vestino, provvedendo all’acquisizione della Soa consortile, che ci dà la possibilità di partecipare alle gare per gli appalti pubblici. Oggi possiamo dire che stiamo superando la parte critica e imboccato la strada dello sviluppo. Sottolineo anche l’acquisizione, in via di definizione, di una società di servizi, nuovi ingressi di imprese consorziate e nuove assunzioni che tenderanno a rafforzare la nostra struttura tecnica. Il Pnrr è una grande opportunità, con un problema altrettanto grande: la pubblica amministrazione è chiamata a gestire con organici e competenze ordinari quantità di lavoro straordinari e che richiedono competenze specifiche. Come Ance, dobbiamo integrarci meglio con le pubbliche amministrazioni per supportarle nell’attuazione del Piano. Sempre più occorre fare riferimento ai progetti integrati”.
Sulla questione dei Bonus, in qualità di presidente di Federmanager e del Consorzio, ma anche come neo componente dell’Ance, cosa rimprovera al Governo Meloni?
“Premetto che l’istituto del Superbonus ha due gambe: il bonus fiscale e la cessione del credito, che era la vera novità, il propellente del salto di qualità al settore. Bloccando la cessione del credito, nei fatti si è bloccato il Superbonus senza riguardo alcuno alle imprese, soprattutto a quelle appartenenti al mondo delle Pmi, a cui vanno attribuiti due torti: aver lavorato all’interno di un quadro normativo creato dallo Stato italiano e averci creduto. Oggi, permane alto il rischio che molte aziende, pur con i conti in regola, siano costrette a portare i libri in tribunale per mancanza di liquidità, oppure che attingano ai beni personali dell’imprenditore o della sua famiglia per salvarsi. Il Governo Meloni, nella modifiche legislative, non ha tenuto affatto conto delle imprese che rimanevano così esposte”.
Cosa rimprovera, invece, al Governo Conte, che ha lanciato la politica dei Bonus, e a quello tecnico di Draghi che l’ha ereditato?
“La depressione economica, conseguente alla pandemia, richiedeva una scarica elettrica per attivare la ripresa. Il Superbonus, soprattutto la novità della cessione del credito, hanno avuto questo significato. Abbiamo registrato un incremento del Pil come non si vedeva da decenni grazie al rilancio dell’edilizia per effetto del Superbonus. Sotto questo aspetto, a Conte vanno solo meriti. Gli si può addebitare, però, di non aver blindato i bonus con una programmazione a lungo termine. Draghi è stato il primo ad attivare azioni dirette a limitare la cessione del credito. Non sempre è riuscito a contemperare le sue attività con le esigenze delle Pmi. Il governo Draghi ha attivato una limitazione di questo istituto pur non affossandolo. La sua azione ha fatto sì che chi faceva credito, cioè le banche, guadagnasse più di chi faceva il lavoro, cioè le imprese. Siamo partiti da una cessione del credito al 101-102 per cento, e ora siamo a 83-84 per cento con le banche e, addirittura, a 65-60 per cento con i privati. Il tutto a danno delle imprese”.
Il mondo associativo, nel quale vanta una lunghissima militanza, che fase sta attraversando?
“Parliamo di un mondo in crisi. Partiti, sindacati e tutte le grandi organizzazioni sono in affanno a causa della trasformazione dei bisogni della società, che ora sono diversi da quelli di qualche decennio fa. Quando è stato necessario rappresentare i bisogni primari – salute, lavoro, casa – è stato relativamente facile per le associazioni. Quando questi bisogni, in qualche misura, sono stati soddisfatti, sono emersi quelli dell’autorealizzazione dell’individuo – carriera, beni materiali, qualità della vita – ed è diventato tutto più difficile. I social hanno costituito un ulteriore veicolo per saltare i corpi intermedi. Prendiamo, ad esempio, la vicenda pescarese di viale Marconi: le persone insoddisfatte dalle scelte della giunta comunale hanno creato nuove aggregazioni, specifiche, invece di appigliarsi a quelle già esistenti nelle quali, evidentemente, non vedevano l’interlocutore giusto. Oggi le associazioni per una corretta e utile rappresentanza dovrebbero avere due stelle polari: la solidarietà e il merito. In Italia, purtroppo, non è così”.
La fusione di Pescara, Montesilvano e Spoltore è stata rinviata al primo gennaio 2027. La politica locale non ha capito l’importanza della Fusione oppure ha solo prevalso l’interesse della casta?
“A mio avviso, l’una e l’altra. La leadership politica tende ad essere conservatrice, in quanto il nuovo che avanza potrebbe portare a una limitazione degli interessi e delle attese personali e di categoria. E, poi, è stata evidente l’incapacità di portare avanti un processo di aggregazione che richiede iniziativa, creatività e pensiero strategico. Chi, nel mondo politico, è veramente interessato a questo progetto, già da qualche anno avrebbe dovuto creare dei tavoli permanenti tra i tre comuni per concertare tutte quelle normative e iniziative che oggi riguardano un solo comune, ma che sicuramente nel prossimo futuro avranno un impatto molto molto forte su tutta la nuova città. Un esempio è il palazzo della Regione nell’area di risulta della stazione di Pescara, che sembra materia solo del capoluogo, ma in realtà interessa la Nuova Città e l’intera area metropolitana. Le stesse norme del Superbonus dovevano essere approvate dall’unione dei comuni e non dai comuni singoli, così come la nuova Legge regionale dell’urbanistica andrebbe vista in una visione comune”.
Si è aperta la stagione delle elezioni: a marzo saremo chiamati alle urne per il nuovo governo regionale e a giugno per le Europee e i comuni di Pescara e Montesilvano: cosa si aspetta?
“Mi aspetterei di assistere a un confronto tra due visioni dell’Abruzzo che tengano conto di come rafforzare il sistema turistico e di come evitare lo spopolamento delle aree interne, ma anche di come creare un sistema attrattivo per le attività economiche. Questi dovrebbero essere i capisaldi del confronto. Le qualità dei due candidati alla presidenza della Regione, Marsilio e D’Amico, sembrano in grado di portare avanti queste tematiche. Auspico che siano capaci anche di attivare politiche meritocratiche evidenti, in cui l’appartenenza sia meno importante della competenza. A questo noi, come Federmanager, presteremo molta attenzione, evidenziando le scelte frutto di competenza, portando l’attenzione dell’opinione pubblica scelte che nulla hanno a che vedere con la competenza. Chiaramente, non daremo giudizi sulle persone, ma valuteremo i curriculum professionali che hanno portato quella persona ad occupare una posizione e le motivazioni che ce l’hanno portata”.
Il calo demografico…
“Il calo demografico, collegato alla scolarizzazione, ha determinato, nei fatti, un mix tra competenze manuali e intellettuali completamente diverso rispetto a quelle degli anni ’50 e ’60. Oggi lo sviluppo di molte aziende riflette negativamente di questa carenza di manodopera. La cosa deve indurre a non vivere l’immigrazione come un un problema, ma come un’opportunità magnifica e vitale anche per determinare lo sviluppo delle nostre aziende e la ricchezza culturale del territorio. Per fare questo, è necessario stilare importanti programmi di inserimento degli immigrati, che passino non solo attraverso la formazione della competenza, ma anche attraverso l’insegnamento della lingua italiana e del quadro normativo e sociale dove gli immigrati saranno inseriti”.
(emmeci)