Per fortuna ci sono la spiaggia e il mare. Senza madre natura, che regala un orizzonte infinito, di Pescara si avrebbe la visione reale: una città oppressa dal cemento. L’intensità di urbanizzazione dell’unica grande città d’Abruzzo equivale al 51,59% del suolo totale consumato. Lo dice il rapporto del Snpa (Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente). Pescara, il fulcro di Nuova Pescara (l’agognata fusione del capoluogo con Spoltore e Montesilvano), è una città con poco spazio e tanti abitanti in rapporto all’estensione e questo, in parte, spiega la cementificazione, che a Porta Nuova – tristezza – interessa anche alcuni tratti di spiaggia. In quanto a cemento, Montesilvano è messa peggio, tanto da essere un’anomalia bella e buona: la città abruzzese con il maggior numero di posti letto alberghieri è sempre stata ossessionata dalle costruzioni, tanto da essere un alveare di cemento più che una località turistica.
Secondo il rapporto Snpa sul consumo di suolo 2024, l’Abruzzo, con 157 ettari di territorio trasformati tra il 2022 e il 2023, ha sottratto al verde (terreni agricoli e aree naturali) una superficie pari a oltre 210 campi da calcio. La regione somma un consumo netto di suolo pari al 5,03%, a fronte del 7,16% della media nazionale, però con situazioni che in alcune zone fanno registrare picchi record, abbondantemente oltre la media nazionale. E’ lecito parlare scarsa pianificazione territoriale e di gestione poco sostenibile.
Tra le province, L’Aquila guida la classifica del consumo netto con 89 ettari trasformati, seguita da Pescara con 28 ettari che raggiunge, grazie (sic) a Pescara e Montesilvano, il record regionale del 51% di territorio comunale complessivamente consumato. Anche Chieti e Teramo non sono esenti da pressioni edilizie con, rispettivamente, 17 e 24 ettari cementificati nell’ultimo anno.