*di Maurizio Di Nicola
La città di Pescara nacque, nel 1927, da una fusione tra i comuni di Pescara e Castellamare Adriatico. Vale la pena ricordare, però, che quest’ultimo, nel 1807, era stato diviso da Pescara per essere eretto a comune autonomo. Il Comune di Spoltore, al contrario, viene unito a quello di Pescara nel 1928, per tornare ad essere autonomo solo nel 1947. Non vi è da stupirsi, dunque, se la data del 2027 sia stata evocata come una data storica per l’istituzione del nuovo comune di “Pescara”, ma ancor meno bisogna stupirsi di quanto siano
frizzanti le composizioni e le scomposizioni delle entità comunali di questo territorio, e dunque fragili le presunte identità di campanile. Dinamismo, mescolanza e incontro, queste sono le vocazioni maggiori del luogo.
La Legge regionale con la quale, qualche giorno fa, l’amministrazione Marsilio ha abrogato la precedente Legge regionale n.26 del 2018, approvata all’epoca della giunta D’Alfonso, è palesemente una truffa alla volontà dei cittadini che avevano votato il referendum sulla fusione di Pescara, Montesilvano e Spoltore nell’ormai lontano 2014. È una legge truffa perché, mascherando le vere ragioni di un dannoso rinvio, racconta, con la compiacenza di una stampa distratta, che finalmente si darà corso alla fusione, quando, in realtà, con il rinvio, si sceglie, consapevolmente e colpevolmente, di perdere finanziamenti pubblici statali
e la possibilità di disegnare, sfruttando i fondi del PNRR, il futuro prossimo di una comunità di quasi 200.000 abitanti.
Negli ultimi 100 anni, l’area metropolitana sorta intorno a Pescara ha dimostrato di essere l’area abruzzese più dinamica e produttiva. Lo testimoniano i dati di reddito pro capite, i valori delle attività d’impresa ed una impressionante, stabile, crescita demografica. A fronte di ciò, la classe dirigente politica, invece di guidare e sostenere questi palesi processi di sviluppo, si arrocca nella tutela di piccoli appannaggi e prebende politiche ed oppone un muro al futuro che bussa con forza. Piuttosto che cogliere la vera identità di questi luoghi, ontologicamente propensa all’apertura, a gettar ponti, a coltivare istanze diffuse di crescita economica, si chiude a difendere campanili incomprensibili agli stessi cittadini che li abitano, i quali, chiamati ad esprimersi nel 2014, convintamente scelsero la fusione.
Perché dico truffa? Perché la vecchia Legge regionale del 2018 aveva già ben compreso la difficoltà
procedere sul piano amministrativo alla più grande fusione mai realizzata in Europa per dimensioni demografiche e territoriali e, proprio per tal ragione, aveva previsto un percorso per tappe, lasciando nelle mani e nell’azione degli amministratori locali il diritto-dovere di realizzare il nuovo Statuto della città e l’organizzazione della unificazione di funzioni e servizi pubblici, concedendo un tempo, ben cadenzato, fino al 1 gennaio 2024 per completare il processo. Cosa è accaduto in questi quattro anni? Nulla!
L’inerzia quasi totale degli amministratori locali ha prodotto, sostanzialmente, nulla di quello che era stato previsto dal legislatore regionale. Certamente non sono mancate le giustificazioni, talvolta semplicemente esibite, talaltra ostentate per scaricare le responsabilità e le coscienze politiche dei partiti, soprattutto di quelli alla guida delle tre Città. Esse, per lo più, sono state descritte come difficoltà tecniche ed operative legate alla complessità della fusione di comuni non piccoli. Sarebbe facile obiettare che quattro anni sono lunghi e che, in molto meno tempo, in Calabria, i comuni (non piccoli) di Rossano e Corigliano Calabro hanno non solo concluso la fusione, ma, addirittura, celebrato le prime elezioni ed approvato il nuovo Statuto definitivo dell’ente.
E, però, a voler essere magnanimi, si può dare credito a coloro che lamentano di aver incontrato gigantesche difficoltà tecniche e si può replicare che il legislatore regionale del 2018, proprio perché riteneva possibile la cosa, aveva stabilito la discesa in campo di commissari regionali ad acta per il caso in cui gli amministratori locali non fossero riusciti a cogliere l’obiettivo entro il 31 dicembre 2022, garantendo, attraverso l’azione di questi commissari, comunque una istituzione/nascita del nuovo comune al 1 gennaio 2024.
Con la legge del 2018, si era voluto garantire che le prime elezioni di Nuova Pescara si tenessero nella primavera del 2024, garantendo ai cittadini il diritto di scegliere finalmente l’amministrazione comunale della Nuova città a distanza di dieci anni dal referendum (anche quella era una data storica). Constatata la stasi del processo di fusione, la Regione Abruzzo a guida Marsilio-Sospiri decide di non rispettare questo impegno e, disattendendo la nomina dei commissari, cosa si inventa? Si inventa una nuova legge regionale.
Direte voi, che disegna un nuovo percorso più certo e spedito, aiutando la conclusione del processo di fusione che arranca? No, assolutamente no! E dico no, perché il processo resta identico a quello già precedentemente previsto, ma viene diluito nel tempo, in un nuovo tempo, che giunge fino al 2027. Infatti, il percorso tecnico disegnato con la nuova Legge resta sostanzialmente identico, visto che si lascia nelle mani dell’Assemblea costitutiva, composta dagli eletti dei tre consigli comunali, il compito di approvare uno Statuto provvisorio e di unificare funzioni e servizi, ma vengono limitate (ad un numero minimo ed irrisorio) le funzioni ed i servizi da unificare o associare, consentendo che, purché due comuni unifichino o associno “solo alcuni” servizi e funzioni, essi acquistano il diritto di pretendere da quelle cortesi Autorità (cioè Marsilio, Presidente della giunta regionale, e Sospiri, Presidente del consiglio regionale) lo slittamento della nascita della nuova città al 1 gennaio 2027.
Laddove al contrario questi comuni non riuscissero nemmeno ad unificare o associare quelle poche cose, ecco che, d’imperio, cadrà la scure regionale sulle loro teste e la nuova città tornerà a nascere il 1° gennaio 2024. Si, avete capito bene. Se i comuni faranno il minimo di quello che sono obbligati a fare (e che non hanno fatto in quattro anni passati), allora avranno diritto ad altri tre anni di tempo, se, diversamente, non riuscissero a fare neppure quel minimo, allora accadrebbe tutto per legge al 1° gennaio 2024, con grande dispiacere di coloro che sono contrari alla fusione, nonostante un referendum votato.
Per dirla in altre parole, la Regione Abruzzo sembra riconoscere le difficoltà incontrate dai comuni in questi quattro anni (leggasi 4 anni trascorsi, meglio sottolinearlo), tanto da concedere ulteriore tempo (salvo poi concedere solo ulteriori 6 mesi, con ghigliottina fissata a settembre 2023, per fare determinate cose). Nondimeno nega quelle difficoltà quando stabilisce che al 1° gennaio 2024 si potrà comunque avere una unificazione diretta in forza della legge regionale, e non per accordo costruito tra i comuni, in caso di loro inerzia, cosicché non si comprende perché si sia concesso agli stessi altro tempo. Se non fosse una questione molto seria, verrebbe da dire, con umorismo inglese, che si sia loro concesso “un esamino di riparazione a settembre”!
Si aggiunga poi un’altra palese contraddizione che consiste nel fatto che se i comuni, facendo le poche cose richieste fino a settembre 2023, riusciranno a far slittare la data al 2027, torneranno nuovamente a subire un rischio commissariamento regionale, secondo la nuova legge regionale Marsilio-Sospiri, per gli ulteriori adempimenti organizzativi a scadenze intermedie fino ad arrivare al 2027.
Schizofrenia regolatoria allo stato puro. Se organizzare la fusione è difficile, allora serve più tempo. Se non lo è oppure i comuni si negano ad operare, allora si può fare subito attraverso gli ordini di commissari regionali ad acta. Questo, per logica stringente, avrebbe dovuto essere (che, per altro, è esattamente quello che prevedeva la norma del 2018, oggi abrogata). Credo che a questo punto sia palese anche al lettore distratto il raggiro nei confronti della volontà dei cittadini a cui conduce la legge Marsilio Sospiri, i quali, per non litigare con gli amministratori locali dei propri partiti nei tre comuni (i quali non gradiscono la fusione per svariate ragioni, tra le quali spicca, senza dubbio, la riduzione delle cosiddette “poltrone”), hanno scelto di non nominare subito dei commissari realizzatori regionali e, quindi, negato ai cittadini, che avevano votato il
referendum nel 2014, di vedere subito compiuto quel che subito può essere compiuto. Non contenti di questo schiaffo sonante inflitto alla rivoluzione referendaria e alla democrazia partecipativa, si spingono oltre e, volutamente, recano danno economico a queste comunità, procrastinando l’incasso dei fondi statali che, proprio lo scorso anno, su iniziativa del senatore D’Alfonso sostenuta da tutti i parlamentari pescaresi di tutti i partiti, erano stati inseriti in una apposita norma nazionale che aveva stanziato, solo per il prossimo triennio, oltre 30 milioni di euro.
Perché sostengo questo? Perché la nuova legge regionale Marsilio-Sospiri, all’art.1 comma 26, prevede che “il nuovo comune di “Pescara” è titolare dei contributi previsti dalla normativa statale per i comuni istituiti per fusione di comuni preesistenti”, pertanto, fino a quando non ci sarà il nuovo comune, i contributi statali non si riceveranno! E siccome nel bilancio dello Stato le coperture sono triennali, è più che probabile che nel 2027 quelle somme non ci saranno più. Ancor più grave, se possibile, a mio avviso, è che, in altro comma della legge in commento, è stato stabilito addirittura che ai comuni di Pescara Montesilvano e Spoltore è precluso adottare atti di indirizzo generale, di pianificazione e di programmazione, se non in forma associata. Praticamente, se i tre comuni non trovassero accordo in questo senso, e la fusione slittasse al 2027, per i prossimi tre anni almeno, le tre città non potrebbero programmare i propri territori ed i propri bisogni, rimanendo impantanate nelle attuali vigenti programmazioni e pianificazioni. Insomma, dal potente propulsore che è la fusione, si piomba tutto il territorio su un passato che non può passare.
Truffa, dunque, anche perché la legge produce esattamente il contrario di quel che vorrebbe promettere, piuttosto che dare maggiori opportunità e risorse economiche ai cittadini ed imprese delle tre comunità fuse, impedisce di cogliere le misure di programmazione insite nei finanziamenti del PNRR per infrastrutture materiali ed immateriali, certificando l’atteggiamento non dialogante avuto in questi anni dai tre comuni nella programmazione dei fondi che, per dimensione e prospettiva di intervento, colgono i bisogni di cittadini ben oltre l’attuale confine amministrativo di ciascun comune.
In ultimo, si rasenta veramente il ridicolo quando si obbliga i tre comuni ad adottare lo statuto provvisorio della nuova città entro il 31 dicembre 2023, ma si prevede che lo stesso resti sospeso fino al 2027, quando diverrebbe finalmente vigente ed applicabile con la nascita della nuova città. Se ne deve concludere che al legislatore regionale sia davvero poco chiaro cosa sia lo Statuto per un comune: prezioso strumento di organizzazione e partecipazione democratica.
Insomma, una truffa in sospensione a danno delle comunità, questo è la legge regionale Marsilio- Sospiri. Avrebbero semplicemente dovuto nominare commissari regionali e dare corso a quanto già previsto, rispettando il volere dei cittadini e la legge vigente, hanno preferito curare la tranquillità elettorale dei giardini di consenso dei politici locali. Una brutta pagina, soprattutto, per le istituzioni regionali.
In conclusione, il territorio più frizzante e dinamico dell’Adriatico, chiamato dalla storia a competere con Ancona, Bari, Trieste per cogliere le occasioni di crescita che offre l’area mediterranea ed orientale verso la quale gettar ponti e reti, rimane bloccato dalla paura della politica di fare la Politica. Per il momento una palese sfida persa per la buona Politica, ma resta una battaglia democratica da condurre per i cittadini di buona volontà, perché la profonda identità di questo lembo di terra baciata da mare e fiumi io l’ho riconosciuta stamattina, lungo la strada parco, dove una anziana donna claudicante, appoggiata su un bastone, ad un uomo che le domandava “Come va?” rispondeva, con un gran sorriso, “Bene, io sono sempre diversamente giovane!”. Perché la Pescara di domani, regina dell’Adriatico, nella sua gente, è già così, senza paura e col sorriso ottimista. Buon lavoro a noi!
*Consigliere onorario della Regione Abruzzo