Daniele Becci è stato un precursore della Nuova Pescara e ha unito le Camere di commercio di Chieti e Pescara. Un infarto se l’è portato via il 6 gennaio 2018. Aveva 63 anni.
Vi racconto come l’ho conosciuto prima ancora di dirvi quanto mi manca, anche perché Daniele Becci manca anche e soprattutto a Pescara, a Nuova Pescara, all’intero mondo delle associazioni, in primis alla Camera di Commercio di Chieti Pescara, la sua creatura, all’Ance e alla Confindustria. Manca a tanti, escludo i pochi che lo detestavano, e io sono solo uno dei tanti.
Era l’inverno del 2009, forse il crepuscolo dell’autunno, e sulla città si era abbattuto un nubifragio. Ore e ore di pioggia tambureggiante. Pescara, intesa come città, era un fiume. Il fiume, inteso come il Pescara, aveva invaso la golena. Luigi Vicinanza, a quel tempo direttore del Centro, mi chiamò. Io, neo capo servizio, stavo provvedendo alla chiusura delle ultime pagine del giornale. La sua macchina, come tutte le station, non poteva affrontare quel tempaccio. Io avevo una Hyundai Trajet bella alta e potevo girare in tranquillità. Più o meno. Mi chiese se potessi passare a prenderlo in prefettura, dove si era recato per un incontro pubblico. Quando arrivai, piazza Italia era Venezia. Salii direttamente sul marciapiede davanti alla prefettura e di lì a poco arrivò Vicinanza. Fradicio, malgrado l’ombrello. Con lui, Daniele Becci, altrettanto fradicio, che mi chiese uno strappo fino a casa, a Montesilvano. Portai Vicinanza e poi… E qui si apre un mondo. Era leggendaria l’incapacità di Daniele di rimanere sveglio in macchina quando non guidava. Gli bastava un attimo e piombava in un sonno beato. Alla seconda richiesta dell’indirizzo, non ottenendo risposta, spostai lo specchietto retrovisore e lo vidi con la testa appoggiata al vetro. Occhi chiusi. Accostai e rimasti un po’ a guardarlo, non sapendo cosa fare. Spensi il motore che, evidentemente, era collegato al sonno di Daniele: si svegliò di soprassalto. Gli feci una battuta: “Due opzioni: ti porto a casa di Vicinanza o mi dici dove abiti”. Ci facemmo una risata. Qualche giorno dopo, mi contattò per un caffè. Parlammo a lungo di Pescara, della città che sognavamo, della necessità di unire le forze del territorio per affrontare il futuro, del calcio pescarese. Mi conosceva come cronista sportivo e mi lusingò ricordandomi le critiche, da lui condivise, che avevo mosso a Soglia e Pincione, avventurieri che al nostro calcio hanno fatto solo del male. Entrammo in sintonia. Daniele leggeva molto i quotidiani, ma non sopportava i libri. Tempo una settimana e, a mo’ di sfottò, gliene regalai uno. Mi mandò dove meritavo di essere mandato.
Con Daniele ho condiviso Nuova Pescara, di cui era stato un precursore insieme a Nicola Mattoscio e ad altri illuminati, i primi vagiti di Confindustria Chieti Pescara e la fase convulsa che lo vide unire le Camere di commercio di Chieti e Pescara. Fece uno sforzo immane per coronare il suo progetto e ci riuscì. L’ultima volta che lo vidi, in Camera di commercio, mi fece incazzare. Era a pezzi, sofferente, con la sigaretta in mano. Gli dissi che non poteva andare avanti così. Lui disse che era una roccia. Non era vero.
La notizia della sua morte, per un infarto, mi arrivò qualche giorno dopo, il 6 gennaio 2018. Camillo Volpe, al telefono: “Marco, è successa una disgrazia…”. D’istinto, andai in Camera di commercio. Lì incontrai, tra gli altri, Luigi Di Giosaffatte. A tutt’oggi non ho le parole per descrivere il nostro stato d’animo. Quando sorgerà Nuova Pescara, spero non oltre il primo gennaio 2027, tutti noi dovremo ricordarci di Daniele e dedicargli qualcosa di importante a imperitura memoria. Glielo dobbiamo.
Marco Camplone