di Marco Alessandrini*
Cominciano a scaldarsi i motori in vista delle elezioni comunali del prossimo anno con i primi posizionamenti, veti, distinguo. Il rituale prevede che si lancino alcuni argomenti “bandiera” per attizzare il proprio elettorato potenziale, guardandosi bene dal coltivare il merito delle cose, che solitamente è più complesso, scomodo, mai neutro negli effetti delle decisioni che si finiscono per assumere.
Credo che il prossimo sindaco di Pescara, vista la legislazione regionale vigente, dovrà avere una chiara priorità nel suo dimezzato mandato: l’istituzione cioè a decorrere dal 1° gennaio 2027 del nuovo Comune di Pescara, lavorando per la realizzazione del processo di fusione dei Comuni di Pescara, Montesilvano e Spoltore e per l’indizione nella primavera dello stesso anno delle prime elezioni per la nuova realtà amministrativa. Il tutto, per gli amanti della storia, cento anni dopo un’altra fusione, quella tra Pescara e Castellamare Adriatico che il 2 gennaio 1927 determinò la nascita amministrativa del Comune di Pescara.
In un mondo ideale potrebbe essere addirittura l’occasione di una consiliatura “costituente”; in quello reale mi accontenterei della consapevolezza in chi aspira a cariche pubbliche che la fusione è per i territori coinvolti una duplice occasione: tanto di rilancio degli assetti economici, sociali e ambientali, quanto di riduzione degli effetti negativi della frammentazione amministrativa, per garantire forza competitiva e sostenibilità delle scelte strategiche. Un’occasione troppo importante per essere gettata alle ortiche da una classe dirigente che voglia non solo apparire tale ma anche esserlo, senza vie di fuga dettate dalla logica cieca del campanile. La mera conurbazione delle aree coinvolte richiede da subito l’esercizio associato di funzioni e servizi sovracomunali (dal ciclo idrico integrato e dei rifiuti alla pianificazione territoriale, dai servizi sociali e ambientali al trasporto pubblico locale) nonché l’avvio di numerosi ed articolati processi amministrativi ed organizzativi di allineamento.
Per avere un’idea concreta, parliamo ad esempio dei seguenti adempimenti necessari per la fusione:
creazione di un unico punto di riferimento per la produzione di prestazioni di servizio, autoritative, sanzionatorie, certificative e regolative (fra le procedure da avviare, si evidenzia la necessità di allineamento delle aliquote fiscali, se diverse; il comune fuso può mantenere, comunque, per un quinquennio aliquote distinte);
aumento della dimensione della struttura organizzativa comunale, dovuta necessariamente all’aumento del personale, e unificazione dello scenario organizzativo di comunicazione e scambio di esperienze, con conseguente riduzione/soppressione delle duplicazioni in termini di responsabilità organizzativa;
riduzione degli investimenti in beni (ad esempio l’investimento per l’acquisto di software gestionale è effettuato una volta sola, piuttosto che moltiplicato per ogni Comune preso singolarmente) e instaurazione di relazioni con unici fornitori di servizi con relativo aumento unitario del valore delle commesse;
necessità di adeguamenti amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche (ad esempio per toponomastica e codici catastali) e private (ad esempio banche per il cambio del codice IBAN, dovuti alla trasformazione dei confini territoriali), con la correlata necessità per i cittadini di agire in conformità alle nuove regole amministrative;
diminuzione dell’espletamento degli adempimenti amministrativi richiesti dalla legge (ad esempio bilanci, piano di governo del territorio) ed aumento della massa di risorse da gestire, dovuta all’aggregazione delle risorse economico-finanziarie, strumentali e immobiliari;
determinazione dell’indebitamento del nuovo Comune come risultato della somma di quelli dei singoli Comuni;
ridefinizione di accordi interistituzionali in ragione del mutamento di alcuni fattori strutturali, quale la popolazione;
instaurazione di una condizione di privilegio per la partecipazione a bandi ordinari (incentivazione indiretta) e acquisizione di incentivazioni statali (incentivazione diretta).
Le città sono già, e in futuro lo saranno sempre di più, i motori dell’economia nazionale ed europea, catalizzatrici di creatività ed innovazione. La possibilità di ottenere benefici e di evitare svantaggi dipende dalla capacità dei soggetti politici, istituzionali, sociali ed economici locali di sfruttare appieno le opportunità e di gestire le criticità derivanti dall’avvio e svolgimento di una siffatta grande opera di ingegneria istituzionale, per un robusto cambiamento istituzionale e organizzativo, che richiede le necessarie competenze e l’effettiva volontà politica.
*sindaco emerito di Pescara