di Filiberto Mastrangelo*
Ad una prima disamina si potrebbe dire, assolutamente nulla…. Infatti, c’è stato un referendum popolare che nel 2014, ha indicato in tutti e tre i comuni chiamati al voto – Spoltore, Montesilvano e Pescara – la chiara volontà popolare di procedere alla fusione dei comuni. C’è stata la pubblicazione di una Legge Regionale votata all’unanimità nel 2018, che ne istituiva la realizzazione entro il 2022. Infine, per coloro che ne rivendicavano la necessità, c’è stata anche la dotazione finanziaria da parte della stessa Regione e dello Stato, per promuovere e procedere in tal senso. Ma, soprattutto, c’è il sentimento di migliaia e migliaia di cittadini che sentono forte il senso di appartenenza a un’entità urbana di fatto unica a cui manca solo l’ufficialità delle carte, per guardare al futuro con un nuovo sguardo e con nuove energie e sinergie dei territori coinvolti.
Ed allora verrebbe da chiedersi davvero cosa manca, al completamento di questo percorso lungo ormai nove lunghi anni. Manca la giusta idea di cos’è la Nuova Pescara. Per molti, ancora oggi è un traguardo da raggiungere o un nastro da tagliare, una serie di atti amministrativi, di protocolli da registrare, ceralacca e carte da bollare, mentre per quanti sanno guardare le cose nella giusta prospettiva, quello che deve accadere è un punto di partenza, un cammino da intraprendere, un viaggio senza ritorno di un territorio che vuole crescere, svilupparsi e sentirsi unito, un percorso da affrontare insieme a quelle decine di migliaia di donne e uomini, che nel 2014 hanno indicato la strada.
E quindi cosa davvero manca? Manca una classe dirigente che abbia una visione del futuro e una capacità di immaginare in grande il proprio territorio, non solo di amministrare il quotidiano, rincorrere le piccole o grandi problematiche delle amministrazioni, creare alleanze politiche o amministrative per posti di rilevanza da occupare. Manca un gruppo di uomini e donne capace di vedere d’innanzi a sé una prospettiva nuova, di guardare cosa sarà questo territorio nel 2050 o ancor di più nel 2070, e in tutto questo mancano la cultura, lo studio e l’analisi di altri processi di aggregazione come questo, che già si sono realizzati e che hanno permesso oggi di vivere in realtà metropolitane più o meno complesse, milioni e milioni di cittadini, in Italia e nel mondo.
Così come manca la conoscenza della storia stessa della città di Pescara, che nasce nel 1927 dalla fusione di due borghi (Castellamare Adriatico e Pescara) e che, in meno di 100 anni, è divenuta la più grande realtà d’Abruzzo e del Medio Adriatico. Manca, in verità, una vera e propria consapevolezza di quello che è stato il nostro passato, di quello che si è oggi e di quello che si vuole diventare nel prossimo futuro. Ma, soprattutto, e questo i cittadini lo avvertono sensibilmente, mancano una classe dirigente e una classe politica che abbiano coraggio, in una parola, manca un loro vero progetto di Città Nuova o di Nuova Città.
Questi uomini e queste donne che dovrebbero dettare la rotta, che dovrebbero studiare i percorsi, che dovrebbero condurre i processi e, dunque, concretizzare le idee che la volontà popolare ha reso leggi da attuare, cioè amministrare la cosa pubblica, mostrano una mancanza di leadership imbarazzante. La realtà è che manca il tempo che in questi anni si è perso e con esso si sono perse anche molte opportunità per rispondere all’unica domanda che ancora oggi non trova risposta. Perché ancora oggi, in maniera sterile, si continua a parlare di fusione dei servizi, assolutamente necessaria ma non sufficiente.
Ci si affida a urbanisti e progettisti di chiara fama, per promuovere idee di Città Nuova sostenibile, mai parola fu così abusata in questo periodo. Una città che abbia al centro l’uomo, tutta pedonale, ricca di piste ciclabili; secondo altri urbanisti il centro di tutto deve essere la natura, con mobilità elettrica e agricoltura di prossimità. Non contenti si coinvolgono illustri economisti per parlare di sviluppo del territorio con infrastrutture digitali ed economia circolare e anche di risparmio di risorse pubbliche, di accorpamento di servizi e razionalizzazione. Si discute dell’opportunità di ridurre le poltrone della politica, come se questo fosse il motivo principale su cui fondare la Nuova Città e con essa il suo futuro.
Ed invece in tutti questi anni si è perso tempo prezioso per rispondere all’unica domanda che conta: quale sarà la mission della Nuova Città che dovrà sorgere dalla fusione delle tre municipalità di Pescara, Montesilvano, Spoltore? Quale il suo indirizzo strategico?
Come e di cosa vivranno i suoi cittadini, quali economie, quali industrie e quali servizi del presente e del futuro vi si insedieranno? Da quali asset deriverà il benessere economico dei suoi abitanti, sarà una città su misura di giovani, di adulti, di anziani, sarà solo per normo-dotati o sarà finalmente anche per coloro che presentano una o più disabilità? Sarà una città aperta e inclusiva, oppure una città chiusa, irraggiungibile, difficile da percorrere, insicura, violenta, una città che si confronta con il mondo o soltanto capace di gareggiare con i piccoli “campanili” loco-regionali, una città pronta alle contaminazioni culturali e sociali e all’innovazione, orientata alla valorizzazione del proprio patrimonio urbano, paesaggistico, naturalistico e culturale?
Se la classe dirigente del nostro territorio non saprà immaginare e progettare tutto questo, accadrà quello che è verificato dopo i bombardamenti del 1943, quando si decise di edificare senza una visione del futuro di una città e di un territorio che ne valorizzasse le bellezze e le eccellenze. Ecco, forse proprio da queste eccellenze, che spesso non si conoscono o non si riconoscono, e dunque non si valorizzano, bisognerebbe partire nel pensare una Nuova Città, costruendo e consolidando un’immagine della futura città metropolitana riconosciuta e riconoscibile in Italia e all’estero per qualcosa che connoti finalmente un territorio e lo spirito che lo anima.
Nessuna grande città nel mondo è identica a un’altra. Nessuna identità è sovrapponibile a un’altra, e ogni città è un organismo vivente che si evolve nel tempo, frutto degli uomini e delle donne che le vivono, ma con ben chiara una identità. Basta rinvii, basta parole, questo è il tempo del coraggio per iniziare quel cammino a cui manca solo il primo passo.
*Presidente Associazione S.A.L.E. (Sviluppo Ambiente Lavoro Etica)