di Ernesto Grippo
Cosa significa oggi l’identità territoriale ? Se lo chiedeva dieci anni orsono, dandosi risposte ambiziose, il Gruppo di ricerca Identità territoriali dell’A.Ge.i. , l’associazione dei geografi italiani, nel volume Identità territoriali ,a cura di Tiziana Banini (edito da Franco Angeli). Antropologi, psicologi, urbanisti e attori sociali e istituzionali offrono testimonianze maturate con riferimento alla dimensione locale. Il locus da intendersi come quello spazio di significazione collettiva, effettiva o potenziale.
A Pescara, città da sgusciante e indefinibile identità, i luoghi hanno a loro volta un’identità, storica, culturale e sociale? Forse alcuni sì: le marine nord e sud, i quartieri periferici, il centro, le aggregazioni costruite, in passato, più che nel presente attorno a centralità religiose costituite da parrocchie oratori, da santuari, le aggregazioni caratterizzate dall’assetto orografico. Ma tutte queste identità sprigionano un vissuto culturale , sociale, economico e umano definito, distinto, peculiare?
Ricordiamoci che Pescara con i suoi 34,3 kmq e la sua popolazione di 118.657 abitanti è la settima città italiana per densità demografica, con 3.456 abitanti per kmq. Le prime sei, nell’ordine decrescente, sono Napoli, Milano, Torino, Palermo, Monza, Firenze. Roma è al 23° posto. Se poi ampliamo la classifica alle città con più di 60.000 abitanti Pescara si colloca all’11° posto e, oltre alle predette metropoli, la precedono solo Sesto san Giovanni, Casoria, Cinisello Balsamo, Castellamare di Stabia e Afragola. Città dell’hinterland milanese o della Campania interna. Realtà complesse, complicate, difficili, con una qualità della vita fortemente compromessa.
E’ certo che le classi politiche e imprenditoriali del settore interessato che hanno generato questa criticità hanno avuto una visione non lungimirante da un verso o troppo aggressiva dall’altro. Resta il fatto che in questo contesto ora occorre ragionare per generare identità. Uno dei temi che da alcuni anni genera identità è quello della sicurezza . Un tema che potrebbe offrire una occasione di identità ricorrendo alla costituzione dei gruppi di vicinato. Un progetto attraverso il quale i concittadini possono aiutarsi l’uno con l’altro per tenere d’occhio gli spazi in cui vivono. L’obiettivo è dare ai cittadini la possibilità di collaborare in modo attivo per la sicurezza del proprio territorio Il successo di un progetto di controllo di vicinato è dato dall’impegno a collaborare, ciascuno per i propri compiti: collaborare tra vicini, collaborare con le polizie locali.
I gruppi di vicinato collaborano con le Polizie locali per ridurre i fattori di rischio per il territorio: non si fanno giustizia da soli, non fanno indagini per proprio conto, non si intromettono nella sfera privata altrui. I cittadini osservano, si confrontano e si aiutano tra loro, ma poi segnalano ciò che non li convince alle forze dell’ordine. I gruppi di vicinato sono una irripetibile occasione di solidarietà. Una corretta collaborazione con la polizia locale è la chiave per il successo dell’iniziativa. Essere capaci di tenere gli occhi aperti sul nostro quartiere è importante per la nostra comunità, che ci può essere di aiuto in tante occasioni: dallo scambiarci informazioni all’aiutarci in caso di piccole difficoltà domestiche, a sapere che accanto a noi vive qualcuno con cui possiamo semplicemente parlare.
Un progetto di controllo di comunità può portare a tutto questo. Lo snodo cruciale di un controllo di vicinato che funzioni è la Polizia locale. Composto da uomini e donne formati adeguatamente per essere a loro volta formatori di comunità di cittadini di un quartiere, di un quadrilatero, di un viale, di una via. Sì perché i gruppi di vicinato hanno dimensioni anche ridottissime, a seconda delle peculiarità del territorio. Ripensiamo alla densità demografica pescarese e proviamo solo a immaginare quanti gruppi di vicinato si potrebbero costituire. Ogni gruppo di vicinato si ritrova in un luogo di quel contesto per serate formative nelle quali si analizzano dapprima le vulnerabilità ambientali di quel territorio. Poi si individuano i componenti del gruppo idonei, si indica un referente. Ci si interfaccia con il Comune per eliminare o arginare le vulnerabilità ambientali, si costituisce formalmente il gruppo e si indica con una targa il territorio nel quale esiste il gruppo di vicinato. A quel punto si pubblicizza sul territorio la presenza del gruppo, si diffondono opuscoli informativi e si comincia ad operare.
In Emilia Romagna, i gruppi di vicinato esistono ovunque. Dalle unioni pedemontane alle unioni cittadine, dalla bassa parmense alla Romagna Faentina, dalle Terre d’Acqua a Maranello, dalla Bassa Romagna alla Val d’Enza, e nelle città da Formigine a Rimini, da Modena a Parma . Per Pescara e, soprattutto per i pescaresi, si tratterebbe di incrociare una splendida occasione di socialità, per far sprigionare energie positive, per vivere a pieno i rapporti umani e sociali e ovviamente per migliorare la sicurezza urbana .
Una scommessa? Val la pena la posta in palio è alta: contribuire all’ identità di un territorio e alzare l’asticella della qualità della vita che non è quella che si misura con la movida, con i decibel, con lo sballo. Le conseguenze di questo modus vivendi che occupa le cronache bianche non della stampa locale ce lo fotografa il nuovo ennesimo allarme degli esperti: il fenomeno dello binge drinking, bere senza fermarsi. Forse è troppo tardi ma proviamo a invertire la rotta.