Sempre più morti sul lavoro, ma cala la formazione. La nuova bozza dell’accordo Stato- Regioni, presentata il 13 settembre dal Ministero del lavoro, taglia le ore dedicate all’aggiornamento dei lavoratori in materia di salute e sicurezza. Ora tocca alle Regioni ratificarla.
Secondo l’Inail, nei primi sette mesi del 2023, sono state 559 le persone decedute sul posto di lavoro, circa mille considerando il sommerso. Quattro al giorno, tutti i giorni. Solo pochi giorni fa, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha guardato negli occhi gli imprenditori all’assemblea di Confindustria e ha ricordato loro che “Democrazia è il rispetto delle regole, a partire da quelle sul lavoro”, osservando come sarebbero incomprensibili imprese che – contro il loro interesse – non si curassero, nel processo produttivo, della salute dei propri dipendenti”. Eppure, a leggere la nuova bozza di accordo tra Stato e Regioni, sembrano essere le istituzioni a dare poco peso alla tutela della salute. Il testo ha lo scopo di individuare durata, contenuti minimi e modalità di formazione per tutti soggetti per i quali è previsto l’obbligo formativo, nonché il monitoraggio e la verifica dell’efficacia della formazione.
Nell’ultima bozza le ore di formazione, infatti, sono diventate 10 ogni cinque anni per tutti i settori e per tutti i livelli di rischio: basso, medio e alto. Le ore di formazione di base sono quattro e sei quelle di formazione specifica che prima erano diversificate in base alla pericolosità della mansione. Inoltre, la modalità e-learning, di fruizione telematica dei contenuti, viene estesa anche alla formazione pratica da fare sul campo: primo soccorso, evacuazione per incendi, movimentazione delle merci, rischio chimico e rischio infortuni.
Oltre le ore c’è di più. La bozza allarga il bacino degli enti formatori, estendendolo anche a quelli con scarsa esperienza, rendendo sufficiente il solo accreditamento regionale.
Secondo Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, le ore dedicate all’aggiornamento sono già a un limite troppo basso e “passare da 16 a 10 le ore di formazione significa mettere a rischio la sicurezza dei lavoratori”.
Il testo, secondo le intenzioni del governo Draghi, doveva essere adottato entro agosto 2022 e avrebbe dovuto potenziare i sei accordi tra Stato e Regioni già esistenti, in quanto la formazione è materia concorrente, in attuazione del Testo unico sulla sicurezza 81/2008. Poi quel governo è caduto, il termine di adozione è slittatto di più di un anno, e ora il testo appare depotenziato dal nuovo esecutivo.
Proprio pochi giorni fa, il presidente Mattarella, per l’inaugurazione del corso di formazione per ispettori del lavoro, aveva inviato una lettera al ministro competente Marina Calderone con un passaggio dedicato alle vittime del lavoro, chiosando “Lavorare non è morire”. Sapere e conoscere dovrebbe alzare il livello di attenzione sui pericoli e aumentare la consapevolezza, anche di fronte a prassi consolidate che puntano a garantire l’operatività più che la sicurezza. Le vittime di Brandizzo ce lo hanno ricordato, ma le lacrime si sono già asciugate.
Michela Di Michele