Pasta al ragù, pasta al pesto, pasta con le vongole, pasta con i soldi. Tanti soldi. Sono quelli che vengono fuori dai bilanci 2023 di tre brand tra i più conosciuti d’Italia: sua maestà Barilla, La Molisana e Rummo. Il quarto pastificio preso in esame, l’abruzzese De Cecco, ci coglie di sorpresa perché scavallato Ferragosto non ha ancora depositato il bilancio ’23 in Camera di Commercio. Com’è possibile? In attesa di sapere qualcosa in più di quella che è un’anomalia, riprendiamo i dati del 2022, dai quali si evince un corposo fatturato di 624.659.267 euro. Fatturato dell’intero gruppo, la cui offerta comprende anche olio, derivati del pane, farine, sughi pronti e i cosiddetti rossi. La De Cecco, oramai da diversi anni, è alle prese con un durissimo scontro familiare per il controllo della governance. L’azienda di Fara San Martino ha perso progressivamente volumi in Italia, mentre è andata bene all’estero, specie negli Usa. Il commerciale estero, però, da qualche mese è orfano del direttore Massimo Resaz.
Qualche chilometro più a sud di Fara, a Campobasso, la famiglia Ferro è coesa come non mai e ha trasformato in un gioiello un pastificio fallito e acquisito in tribunale: La Molisana è diventata il nome dell’alta qualità e può festeggiare un incremento di 21.728.364 euro tra i ricavi del 2022 (253.824.534) e quelli del 2023 (275.552.898). Protagonista di una costante ascesa, l’azienda molisana è un caso di studio: ha avuto la forza di affinare la qualità del prodotto, creare una rete commerciale efficiente e conquistare costantemente quote di mercato in Italia. Come se non bastasse, è stata sempre alla larga dalla tentazione di sputtanare gli utili in onerose campagne pubblicitarie o in ingaggi di improbabili testimonial.
Anche quella di Rummo è una storia da leggere e rileggere. Nel 2015, l’azienda beneventana è stata travolta da un’alluvione e ha rischiato seriamente di chiudere per sempre i battenti perché c’erano stati ingenti danni strutturali e tantissima pasta era andata distrutta. Con un ammirevole scatto d’orgoglio, i Rummo hanno reagito e cambiato il destino. Memorabile il grido di battaglia “l’acqua non ci ha rammolliti”. Infatti, a distanza di meno di un decennio, il fatturato (prevalentemente pasta) è di164.447.734 euro, con un +11.030.400 sull’esercizio precedente, chiuso a 153.417.334 euro.
Ed eccoci a Barilla, il nome della pasta italiana all’estero (ma anche del pesto e dei sughi pronti). Il colosso di Parma – una galassia di brand iconici, Mulino Bianco su tutti – ogni anno lascia un po’ di mercato pasta Italia agli antagonisti, ma è un autentico rullo compressore e può permetterselo. I numeri sono eloquenti: 4.868.663.000 di ricavi nel 2023, con un incremento che pesa quanto una media azienda italiana: 205.375.000 euro (nel 2022, il bilancio diceva 4.663.288.000 euro). Torniamo alla galassia Barilla. Voiello, Pavesi, Wasa, Gran Cereale e Pan di Stelle sono alcuni dei 21 brand di un gruppo che in Italia, in quanto a dimensioni, è inferiore solo a Ferrero nell’ambito dell’agroalimentare. Barilla ha 15 stabilimenti produttivi nel Belpaese e altrettanti all’estero, con un esercito di 9mila dipendenti. Barilla guarda al futuro: ha investito 16 milioni di euro in un nuovo Centro ricerche che sarà pronto, secondo le previsioni, a settembre del prossimo anno. L’azienda fondata da Pietro Barilla è in prima linea nel sostenere la candidatura della cucina italiana a Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco e ha lanciato Pasta nello Spazio per comprendere i bisogni legati all’alimentazione degli astronauti. Più futuro di così. (emmeci)