Il 5 ottobre scorso, lo scrittore norvegese Jan Fosse è stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura nell’Accademia svedese di Stoccolma. A meritargli il premio sono state le sue “opere teatrali e la prosa innovativa che danno voce all’indicibile”, ma la sua reazione non si può dire entusiasta.
Il Nobel sembra essere la massima ambizione per chi si impegna in ogni campo: dalla medicina, alla fisica, dalla chimica, alla letteratura e anche nella pace. Eppure la fama dorata del premio sembra trasformarsi in un metallo più vile una volta toccata dalle mani di chi lo riceve.
È accaduto anche questa volta. Il Premio Nobel per la Letteratura è stato asseganto dalla Reale Accademia Svedese a Jan Fosse. Classe 1959, norvegese, prolifico scrittore di romanzi, opere teatrali, narrativa per bambini, tradotto in più di 50 lingue nel mondo, è stato raggiunto dalla notizia del premio mentre guidava nei pressi di Bergen, sulla costa nord della Norvegia. Ha dichiarato che da circa dieci anni immaginava – con cautela – di ricevere questo riconoscimento, ma di ritenerlo “un premio alla letteratura, innanzitutto, senza alcuna altra considerazione”. Per avere ricevuto un Nobel, è una tiepida accoglienza. Stessa sufficienza ha mostrato Jacques Testard, fondatore della piccola casa editrice Fitzcarraldo, con sede a Londra, che in soli nove anni di attività ha pubblicato in inglese testi di ben quattro autori e autrici premiati di recente dall’Accademia di Svezia e definita, perciò, “la casa editrice dei Nobel”. “Un appellativo sciocco”, secondo Testard, che ritiene semplicemente di avere gli stessi gusti letterari di “un gruppo di svedesi borghesi e di mezza età”. Anche qui, un indiretto misconoscimento del valore intrinseco del premio.
Oltre alle illazioni indirette, qualcuno ha esplicitamente rifiutato l’onorificenza. Il Premio Nobel fu istituito nel 1895 per volontà del chimico e industriale Alfred Bernhard Nobel, con l’intento di creare un prestigioso riconoscimento per le persone che avevano reso maggiori servizi all’umanità nei loro rispettivi campi. Strana idea, considerando che è nata da colui che aveva inventato la dinamite e quindi donato al mondo un nuovo strumento di distruzione e di morte. Da allora, il premio alla letteratura, in particolare, è stato rifiutato cinque volte, per diversi motivi. Il primo diniego fu di Erik Axel Karlfeldt, nel 1918, che in quanto membro dell’Accademia di Svezia ritenne inopportuno accettare per un conflitto di interesse. Nel 1925 fu la volta di George Bernard Shaw, il quale dichiarò anzi che avrebbe perdonato a Nobel di avere inventato la dinamite, ma “solo un demone con sembianze umane” poteva avere creato quel premio. Nel 1958 fu costretto a rifiutare Boris Pasternak per ragioni politiche e pressioni del Kgb, nonostante egli avesse accolto la notizia con grande entusiasmo. Poi nel 1964 fu Jean Paul Sartre a mandare deserta la cerimonia di consegna in nome della libertà: non si poteva consacrare nessuno da vivo, se si voleva lasciarlo libero di cambiare del tutto, era la sua giustificazione. Infine Bob Dylan nel 2016, il quale non rispose alla notizia, si fece inseguire per un po’ dalla giuria e poi accettò riluttante il premio, accogliendolo in una stanza d’albergo e rilasciando un discorso registrato di 27 minuti in cui sosteneva che le canzoni non sono poesie, non si leggono ma si cantano, così come i versi di Shakespeare che sono destinati solo ad essere recitati.
Michela Di Michele