di Gianni Melilla*
Nel saggio L’Italia unitaria tra questione meridionale ed Europa (Franco Angeli, 2022), l’economista Nicola Mattoscio sintetizza anni di studi sulla questione meridionale nella storia dell’Italia Unitaria e da mezzo secolo anche della costruzione dell’unità dell’Europa. Sono riflessioni economiche, ma anche storiche, sociali e politiche. In questo senso seguono le convinzioni di John Maynard Keynes quando parlava del complesso mestiere dell’economista: “Lo studio dell’economia non sembra richiedere regali specializzati di ordine insolitamente elevato. Non è forse intellettualmente considerato un tema molto facile rispetto ai rami superiori della filosofia e della scienza pura? Eppure gli economisti bravi, o addirittura competenti, sono il più raro degli uccelli… Il master economista deve possedere una rara combinazione di doni. Deve raggiungere uno standard elevato in diverse direzioni e deve combinare talenti che spesso si trovano insieme. Deve essere matematico, storico, statista, filosofo in qualche modo…Deve studiare il presente alla luce del passato ai fini del futuro. Nessuna parte della natura dell’uomo, delle sue istituzioni deve essere completamente al di fuori del suo rispetto. Deve essere propositivo e disinteressato in uno stato d’animo simultaneo; distaccato e incorruttibile come un artista, eppure talvolta vicino alla terra come un politico.”
La questione meridionale e la visione degli Stati Uniti d’Europa annodano tutte le tematiche che si sviluppano nel secolo e mezzo dell’Italia post unitaria. La visione federalista di Mattoscio si ispira alle culture politiche di Cattaneo, Mazzini e di Spinelli e ha una forte connotazione patriottica e cosmopolita nello stesso tempo e viene esaltata dalle nuove contemporanee opportunità offerte dall’economia della conoscenza.
Nel primo saggio (Un secolo e mezzo di unità d’Italia tra suggestioni e sviluppo economico: una stilizzazione dell’evoluzione storica), ripercorrendo le grandi stagioni della storia d’Italia, si rappresenta il valore ancora attuale del federalismo per sviluppare l’intraprendenza economica e le libertà civili, in un quadro regionalista e unitario della Repubblica italiana protagonista della fondazione degli Stati Uniti d’Europa in un nuovo e più giusto ordine politico ed economico mondiale.
Nel secondo saggio (Il sistema bancario dalla caduta del fascismo alla nascita della Repubblica), il tema di fondo è il modello di capitalismo italiano con i suoi ritardi, soprattutto nel campo strategico delle attività bancarie e finanziarie. Il primo grande snodo storico è la Riforma bancaria del 1936 con le nazionalizzazioni proposte dall’economista De Viti De Marco, alternativa al modello tedesco della “banca universale” e basata sulla distinzione tra “banche ordinarie “ preposte al finanziamento del credito di esercizio e “banche specializzate” che si occupano invece del credito alle attività di investimento.
In riferimento al credito di medio e lungo termine, De Viti De Marco adotta ulteriori specializzazioni per settori produttivi, distinguendo ad esempio il credito agrario da quello industriale o per la pesca. Si afferma in questo modo un sistema bancario flessibile e frammentato, che sottolinea la funzione strumentale dei servizi finanziari e creditizi all’economia reale. Questa impostazione sopravvive alla fine del fascismo e continua nella Repubblica sino al 1990, quando la riforma bancaria di Amato e Carli rivoluziona il sistema creditizio italiano simile ormai ad “una foresta pietrificata”, con le privatizzazioni e l’adozione di nuovi modelli organizzativi di riferimento anglosassone, in cui la competenza complessa è una categoria indispensabile per il processo di qualificazione del sistema bancario e di arricchimento del capitale umano. Con la strategica riforma Amato-Carli del 1990 la liberalizzazione supera anche la specializzazione del sistema bancario italiano.
Negli ultimi due saggi Mattoscio si dedica alla questione europea e al Recovery Plan europeo. La transizione ecologica e l’economia digitale sono l’orizzonte della nuova Europa. Il filo rosso che lega il “Whatever it takes” al Piano nazionale di Ripresa e Resilienza europeo è l’obiettivo di creare nuova ricchezza compatibilmente con la sostenibilità ambientale e l’immaterialità dell’economia digitale. Quando Mattoscio consegna il suo libro alle stampe in Europa c’era ancora la pace. Ora il suo “ottimismo della ragione“, per dirla con Gramsci, dovrà ora fare i conti col ritorno della guerra nel cuore dell’Europa, in Ucraina, con l’aggressione russa , che sta provocando la morte di centinaia di migliaia di militari e civili, milioni di profughi e una grave crisi economica con l’inflazione più alta da decenni. Ma questo dolore per la guerra non mette certamente in discussione il valore di fondo della visione di Mattoscio degli Stati Uniti d’Europa . Anzi ne rafforza il significato morale e politico.
*Presidente emerito del Consiglio regionale d’Abruzzo e parlamentare emerito